Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Riflessioni e interventi

Come sconfiggere l’ "empia alleanza" tra neo-sionismo e destra globale

Lo storico israeliano Ilan Pappé denuncia il progetto del neo-sionismo di conquistare definitivamente la Palestina e creare un “Impero Israeliano” che domini il Medio Oriente. Questo progetto beneficia di un’ “empia alleanza” globale tra leader populisti, multinazionali, regimi autoritari e l’estrema destra americana ed europoea che, pur avendo radici antisemite, sostiene Israele per il suo ruolo anti-islamico. Un’altra alleanza però è possibile, che incorpori la causa palestinese in una lotta globale per i diritti umani, la pace e la giustizia sociale. Ogni sua piccola vittoria avvicinerebbe il progetto sionista alla fine.

Se riprovassimo con i dialoghi di pace

Oggi parlare di pace, di fratellanza universale, di diritti della persona sembra sia arcaico, da catalogare in quelle azioni comunicative offensive della post modernità che invece si arricchisce di slogan e posizioni di parte con avvilente superficialità. Eppure le cose non stanno come ci appaiono, come sempre si rileva quando le analisi sono più attente. Molto possiamo, anzi dobbiamo fare, contro ogni forma di rassegnazione e di pensiero unico, investendo nel valore universale che si sintetizza in un termine per tanti desueto: Dialogo.

Trump, la fedeltà al capo e l'eclissi della democrazia

John Bolton accusa Trump di esigere dai suoi collaboratori una “fedeltà personale” che ricorda i giuramenti vassallatici, lanciando un monito su come la democrazia possa gradualmente scivolare verso una deriva autoritaria “fino a quando non è troppo tardi per invertire la rotta". Uno spunto provocatorio che invita ad esplorare il rapporto tra autoritarismo contemporaneo e fedeltà al capo.

La distruzione di Gaza e il 'suicidio di Israele'

Una lunga e coraggiosa inchiesta pubblicata dal giornale di opposizione israeliano Haaretz squarcia un velo sull’arbitrarietà, la palese illegalità e la crudeltà gratuita di alcune operazioni militari israeliane a Gaza. Un tassello di quel mosaico di violenza tossica che Anna Foa ha chiamato "il suicidio di Israele".

Giornalisti in guerra: il pericolo della "normalizzazione"

Mentre l'opinione pubblica italiana si concentra giustamente sul caso di Cecilia Sala, arrestata in Iran, i media occidentali restano per lo più silenti di fronte agli oltre 200 giornalisti palestinesi uccisi da Israele in 15 mesi. Normalizzare questi crimini mette in pericolo ogni giornalista, non solo in Palestina ma dovunque.

Elon Musk: visionario o rischio per la sicurezza nazionale?

Elon Musk, figura chiave per Trump, è al centro di indagini per legami con Cina e Russia. SpaceX domina i lanci spaziali americani, ma le sue relazioni internazionali sollevano timori per la sicurezza degli Stati Uniti. Il paradosso? Marco Rubio, vecchio critico di Musk, è il nuovo segretario di Stato. La tensione è palpabile.

I penalisti italiani denunciano lo scandalo dei suicidi in carcere

Due prestigiose associazioni di penalisti denunciano con preoccupazione il record di suicidi in carcere registrato nel 2024. “Se è vero che il livello di civiltà di un Paese si misura anche dalle condizioni delle sue carceri e dal trattamento riservato ai detenuti, i dati sui suicidi e sugli atti di autolesionismo negli istituti penitenziari devono indurre tutti a una seria riflessione.”

Licenza di massacrare i civili. Un'inchiesta del New York Times sulla strategia militare di Israele

La campagna di Gaza ha segnato un svolta nella strategia militare di Israele, con regole più permissive e un’enfasi sull’efficacia militare a scapito della protezione dei civili. Questa strategia ha sollevato seri interrogativi sul rispetto del diritto internazionale e sull’impatto umanitario a lungo termine. Con oltre 45.000 palestinesi uccisi secondo le stime di Gaza, il conflitto ha lasciato un’impronta indelebile nella regione e ha alimentato l’ostilità verso Israele a livello globale.

Il “dovere morale” di morire

Recentemente Ezio Mauro si è unito al coro della guerra come “dovere morale”. Descrive la galassia pacifista in modo caricaturale: nostalgici del comunismo, contestatori ipocriti e opportunisti, antiamericani irriducibili e persino “nemici della democrazia”. Definisce la realpolitik “il mal sottile dell’Occidente” e la pace uno slogan vuoto e nichilista, perché nega l’esistenza di ideali per cui valga la pena morire. Ben poche tra le grandi testate internazionali mostrano un simile spensierato disprezzo per il pluralismo di analisi e prospettive.

I papi e la democrazia

Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Matteo Maria Zuppi, ripercorre il tema della democrazia nel magistero dei papi fin dal 1944. Fu la tragedia della Seconda Guerra Mondiale a spingere Pio XII a considerare la democrazia come il sistema politico più adatto a garantire pace e giustizia. Papa Francesco eredita questa tradizione ma si confronta con una sfida inedita: la crisi della democrazia e la necessità di ricostruire il legame tra governanti e cittadini".

Chiesa e democrazia: per una "Camaldoli europea"

Il Presidente della CEI ragiona sul contesto globale di una possibile rivitalizzazione della democrazia fondata sulla visione cristiana della persona. Occorre combattere gli squilibri occupazionali e distributivi che sono frutto di disuguaglianze crescenti. Inoltre la fraternità è negata dalla “terza guerra mondiale a pezzi” e dalle chiusure rispetto ai flussi migratori. La democrazia può svilupparsi solo se si sprigiona da una libertà responsabile e solidale.

Roosevelt e Trump, leader trasformatori

Due figure negli ultimi 100 anni hanno sfidato la tradizionale frammentazione identitaria della politica americana: Franklin D. Roosevelt e Donald Trump. Pur con obiettivi opposti, entrambi hanno saputo costruire coalizioni trasversali, mobilitando gli elettori su temi economici e di opposizione alle élite. Roosevelt, da sinistra, attraverso il consenso universalistico del New Deal, e Trump, da destra, con l’universalismo populista e polarizzante di MAGA. Due leadership radicalmente trasformative, capaci di lasciare sul terreno segni duraturi.

Le logiche belliche oltre la guerra: distruzione ambientale e crisi climatica

Una serie di fonti autorevoli segnala che esiste una relazione bidirezionale tra conflitti e cambiamenti climatici. Da un lato, le guerre aggravano la crisi climatica attraverso la distruzione ambientale e l'aumento delle emissioni. Dall'altro lato, i cambiamenti climatici rappresentano sempre più spesso una causa scatenante di nuovi conflitti.

Le logiche belliche oltre la guerra: lo sfruttamento nel lavoro agricolo

Lo sfruttamento nel lavoro agricolo è una piaga sociale che colpisce italiani, stranieri e in particolare donne, vittime di doppia discriminazione. Le retribuzioni medie sono spesso sotto la soglia di povertà e le condizioni di sfruttamento sono per lo più invisibili alle statistiche ufficiali.

Le logiche belliche oltre la guerra: la militarizzazione delle politiche migratorie

Le politiche migratorie europee riflettono una crescente militarizzazione che tratta i migranti come minacce da neutralizzare. L’ultimo caso di questa "guerra invisibile" , denunciato da Medici Senza Frontiere, riguarda la separazione forzata di 29 donne e bambini, sequestrati dalla Guardia Costiera libica durante un salvataggio della Geo Barents. I "prigionieri" sono stati deportati in centri di detenzione libici noti per praticare sistematiche violazioni dei diritti umani.

Cosa sta cambiando nel modo in cui gli Stati Uniti pianificano le guerre

Raphael S. Cohen, direttore dello Strategy and Doctrine Program presso la Rand Corporation, spiega su Foreign Policy il cambio di paradigma nel panorama geopolitico globale. Nonostante le pretese di disengagement della retorica “America First”, il rischio che alcuni conflitti regionali si trasformino in una crisi globale è altissimo. Affrontarlo richiederà un’espansione significativa delle capacità militari americane e una più robusta concertazione con gli alleati europei.

Il diritto internazionale è un'illusione pericolosa?

Le democrazie occidentali devono abbandonare l'illusione che, sul piano internazionale, la legge possa sostituire la forza, sostiene Angelo Panebianco. Il diritto internazionale è un’illusione pericolosa. "Prima scompare questa illusione e meglio è". L'Occidente dovrebbe dunque prepararsi a un mondo in cui la forza rimane un elemento inevitabile della politica internazionale?

La crisi della diserzione in Ucraina

La giornalista di Al Jazeera Shola Lawal analizza la gravità della crisi delle diserzioni nell’esercito ucraino, un problema che nel 2024 ha raggiunto livelli record dall’inizio della guerra con la Russia. L’autrice esplora in profondità le cause di questo fenomeno, le sue implicazioni sul conflitto e i paralleli con l’esercito russo, inquadrando il contesto di una guerra sempre più logorante sia a livello umano che strategico.

"mtu wetu" ... la logica tribale che delegittima la giustizia internazionale

Nella vicenda degli attacchi alla Corte Penale Internazionale si intravede la tendenza a proteggere le azioni dei “propri uomini”: amici, alleati o membri di un determinato clan, indipendentemente dalla legalità delle loro azioni. Questo atteggiamento, radicato in una logica tribale, implica una protezione selettiva: un tribalismo politico e diplomatico che mina la credibilità della giustizia internazionale presentandola come un apparato politicamente orientato.

Lo storico Ilan Pappé sulla "etnocrazia" israeliana

Anche se Israele si definisce uno stato democratico, numerosi intellettuali e critici israeliani riconoscono che il paese agisce più come una etnocrazia, con un regime che privilegia un gruppo etnico sopra gli altri. L’occupazione e le sue politiche di repressione dimostrano la distanza dalla democrazia e fanno di Israele uno stato che non rispetta i principi fondamentali della giustizia e dell'uguaglianza.