Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

La “democrazia” israeliana tra disinformazione e propaganda

I media mainstream spesso adottano una posizione giustificazionista verso Israele, partendo dall'assunto che sia una “democrazia” e quindi un avamposto dell'Occidente in Medio Oriente, regione dominata da regimi variamente autocratici.

I media mainstream spesso adottano una posizione giustificazionista verso Israele, partendo dall'assunto che sia una “democrazia” e quindi un avamposto dell'Occidente in Medio Oriente, regione dominata da regimi variamente autocratici. Raramente si indaga la natura della democrazia israeliana, che gli studiosi chiamano “democrazia etnica”—una versione diminuita del  modello occidentale. Ancora più raro è il confronto sulle vere somiglianze tra Israele e l’Occidente, in particolare la deriva verso forme di democrazia illiberale, sebbene per vie diverse. Questo mix di disinformazione e propaganda richiede di essere portato alla luce.

La democrazia civica e lo scivolamento verso l’illiberalismo

La democrazia liberale si basa sull’idea di uguaglianza tra cittadini e sulla neutralità etnica dello stato. Si dice per questo anche democrazia “civica”, dove la comunità politica è programmaticamente pluralistica e inclusiva, basandosi sul concetto di cittadinanza universale.

Oggi però molte democrazie occidentali mostrano segni di erosione delle proprie caratteristiche liberali. L’ascesa di governi che, pur rispettando le procedure elettorali, limitano le libertà civili, manipolano il potere esecutivo e riducono i diritti delle minoranze è uno dei principali sintomi della deriva verso la “democrazia illiberale” (il termine fu coniato 30 anni fa dal politologo Fareed Zakaria). In questo modello lo stato, pur formalmente democratico, riduce la propria neutralità e inclusività. Emergono così movimenti identitari e nazional-populisti, che polarizzano la società e invocano la “tirannia della maggioranza” contro minoranze e dissidenti, trasformati in capri espiatori della rabbia generata altrove: nell’impoverimento, nelle crescenti disuguaglianze, nell’insicurezza e nell’incapacità dei governi di affrontare tali sfide.

Negli Stati Uniti ciò traspare dalla polarizzazione politica e da un atteggiamento sempre più aggressive contro gruppi minoritari e dissenzienti, tendenza che non potrà non  aggravarsi sotto la nuova amministrazione Trump. In Europa, la deriva illiberale si manifesta con una riduzione dei diritti e delle libertà civili in nome della sovranità e della sicurezza nazionale, come già si vede nell’Ungheria di Orban.

La democrazia etnica e l’illiberalismo strutturale

A differenza delle democrazie liberali, la democrazia etnica si presenta già in origine come un modello in cui il gruppo etnico dominante controlla lo stato e ne orienta le politiche secondo i propri interessi. Israele, che si autodefinisce “Stato ebraico e democratico”, rientra pienamente in questo modello: gli israeliani ebrei costituiscono il fondamento dello stato, mentre gli arabi israeliani — circa 2 milioni di persone su una popolazione totale di 10 milioni — sono de facto (e in parte de iure) cittadini di serie B.

La democrazia etnica israeliana presenta dunque elementi strutturali di illiberalismo: le politiche favoriscono cultura, lingua e identità del gruppo dominante, mentre i diritti delle minoranze sono solo parzialmente riconosciuti. La Legge del Ritorno, ad esempio, concede la cittadinanza automatica agli ebrei, ma non ai palestinesi, neppure a quelli provenienti dai territori occupati. I cittadini arabi hanno anche minori opportunità di accesso alle risorse e meno influenza sulle decisioni del governo. Il sociologo Sammy Smooha della Bar-Ilan University di Tel Aviv, definisce la democrazia etnica come una “democrazia diminuita”: le minoranze possono votare, ma l’uguaglianza politica e sociale è limitata dall’ordine etnico. Pur presenti in parlamento, i partiti arabi vedono sistematicamente respinte le proposte per trasformare Israele in uno “stato di tutti i cittadini.” Questa situazione rischia di peggiorare con l’esplosione di odio etnico e religioso seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e alla reazione militare israeliana con il massacro di decine di migiaia di civili palestinesi a Gaza.

Divergenze e convergenze

Democrazia liberale e democrazia etnica differiscono profondamente nei loro approcci alla gestione della diversità. La democrazia liberale è formalmente inclusiva e neutrale, mentre la democrazia etnica è concepita per sostenere un gruppo a discapito degli altri. Sostenere che Israele sia tout-court una “democrazia”, suggerendo un’affinità con l’Occidente sul piano dei valori e delle istituzioni, è dunque mera propaganda o palese disinformazione.

La somiglianza tra le due forme di democrazia va cercata piuttosto nella comune deriva verso l’illiberalismo, seppur con percorsi diversi. Nelle democrazie liberali, l’erosione dei valori politici e delle garanzie costituzionali per le minoranze è graduale, spesso accelerata da profonde crisi sociali ed economiche. Nella democrazia etnica, invece, l’illiberalismo è intrinseco al sistema e si intensifica con le tensioni etnico-religiose. In Israele, questa predisposizione strutturale  è esasperata dal governo di destra fondamentalista di Netanyahu e dallo scontro armato con Hamas, vissuto come un conflitto “esistenziale.” Ciò tende a legittimare un sistema sempre più orientato alla difesa degli interessi esclusivi del gruppo dominante. La democrazia israeliana, dunque, che già all’origine si colloca fuori dal modello liberale e civico, si starebbe trasformando in una democrazia etnica non solo illiberale, ma potenzialmente autoritaria.
 

 Immagine: Elaborata con la collaborazione dell'Intelligenza Artificiale