Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Se riprovassimo con i dialoghi di pace

Peppe Oliviero

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Oggi parlare di pace, di fratellanza universale, di diritti della persona sembra sia arcaico, da catalogare in quelle azioni comunicative offensive della post modernità che invece si arricchisce di slogan e posizioni di parte con avvilente superficialità. Eppure le cose non stanno come ci appaiono, come sempre si rileva quando le analisi sono più attente. Molto possiamo, anzi dobbiamo fare, contro ogni forma di rassegnazione e di pensiero unico, investendo nel valore universale che si sintetizza in un termine per tanti desueto: Dialogo.

Riannodare le fila di un ragionamento di pace, oserei dire di un movimento per la pace, diventa sempre più, ed oggi più che mai, un agire inevitabile per chiunque voglia costruire un futuro progressista e nulla è più rivoluzionario che mettere al centro l’individuo e i diritti delle persone. L’assuefazione alle tragedie, la tendenza a far propri giudizi altrui, la rinuncia al pensiero libero unitamente alle teorie populiste tese alla promozione della paura dell’altro, condizionano i rapporti tra le persone determinando un’assenza di dibattito preoccupante. Invece, tornare a dialogare di pace è possibile e urgente.

Nel mondo ci sono più di 50 conflitti attivi, uno di questi, il conflitto tra Russia e Ucraina, si consuma nel cuore dell’Europa con un esito tanto scontato quando prevedibile, anni di distruzione e morte per una resa inevitabile tutta a favore del potere totalitario. Le code degli Ucraini che scappavano dal Paese le ho viste al confine polacco, ho incrociato i loro sguardi ma l’orgoglio patriottico era sopraffatto dal terrore e dalla rassegnazione. Appena fuori dai confini europei c’è il conflitto Israelo-Palastinese, abusi e soprusi dove la causa si confonde con l’effetto provocando barbarie su barbarie che continua incessante finché non sarà abbattuto l’ultimo infante terrorista armato di una scodella di latte in polvere.

Emblema di un’Europa che colleziona risultati non rassicuranti per il proprio futuro, dalla inefficacia della sua azione diplomatica alla generazione al proprio interno di spinte populiste e neonaziste alimentate da angosce persecutorie.  Un’ Europa schiacciata tra i colpi di teatro della nuova amministrazione Trump alla conquista della Groelandia, del Canada, dello stretto di Panama e del “Golfo D’America” (il fu Golfo del Messico) e un est europeo-asiatico pronto ad un nuovo ordine mondiale di ispirazione sempre più totalitaria. 

L’Occidente scarica le proprie incapacità sulle organizzazioni internazionali senza avere il coraggio di riformarle, non rimettendo al centro dell’azione politica i principi sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fortemente voluta ed approvata nel 1948.

La domanda che ci dobbiamo porre è, richiamando l'Internazionale Progressista, organizzazione fondata nel 2020 e che annovera tra i suoi animatori Noam Chomsky, uno che di linguistica ne capisce, gli obiettivi ai quali essa mira, seppure universalmente condivisi, sono realizzabili? Ma soprattutto saranno capaci di riaccendere passioni e fermenti? 

Saremo capaci di rielaborare e concretizzate un mondo nuovo che sia: Democratico, in cui tutte le persone hanno il potere di plasmare le loro istituzioni e le loro società; Decolonizzato, in cui tutte le nazioni determinano il loro destino collettivo libero dall'oppressione; Giusto, che risolve la disuguaglianza nelle nostre società e sostiene l'eredità della nostra storia condivisa; Egalitario, che serve gli interessi dei tanti e mai dei pochi; Liberato, in cui tutte le identità godono di pari diritti, riconoscimenti e poteri; Solidaristico, dove la lotta di ciascuno è la lotta di tutti; Sostenibile, che rispetta i confini planetari e protegge le comunità in prima linea; Ecologico, che porta la società umana in armonia con il suo habitat; Tranquillo, dove la violenza della guerra è sostituita dalla diplomazia dei popoli; Post-capitalista, che premia tutte le forme di lavoro mentre abolisce il culto del lavoro; Prospero, che sradica la povertà e investe in un futuro di abbondanza condivisa.; Plurale, dove la differenza è celebrata come forza. 

Queste le grandi sfide del millennio contro l’oscurantismo che ci pervade. Basta guardarsi intorno per capire che molto possiamo, anzi dobbiamo fare, sia individualmente che collettivamente contro ogni forma di rassegnazione e di pensiero unico, investendo nel valore universale che si sintetizza in un termine per tanti desueto Dialogo.

Chomsky nella prospettiva umanista della sua riflessione ci esorta a ripensare l’equilibrio dei poteri sociali, questo può significare che la Politica può evitare la guerra ma non costruire la Pace. La Pace, come vita creatrice dei popoli collaboranti, può essere costruita solo dall’educazione, afferma Valiutti in coerenza col potere attribuito all’educazione dalla Montessori. La pace è un processo innanzitutto culturale, meglio ancora se corredato da azioni concrete per la cura delle persone, una terza via in grado di riconciliare il dualismo tra la perdita dei valori e la disillusione dei rapporti interpersonali, una riconciliazione spirituale che ci esorta a prenderci cura dell’anima intesa come essenza dell’uomo ma con attenzione e umiltà.

E invece un modo diverso di vivere su questo pianeta è possibile. E’ possibile vivere in una società che rispetta alcuni principi, indiscutibili e non negoziabili: i diritti umani. E’ arrivato il momento di decidere che priorità ci diamo come società, la vita delle persone o la guerra? Salute, istruzione gratuita, un lavoro dignitoso e protezione o fame e sofferenza per molti? Non è troppo tardi per andare in una direzione più giusta”. 

Queste le parole di un uomo a cui voglio bene che mi ha arricchito con la sua amicizia: Gino Strada fondatore di Emergency.


Immagine: Giuseppe Oliviero, Socio dell'assemblea nazionale e cofondatore della sezione di Napoli di Emergency.