Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

USA. Un errore strategico trascurare il soft power e il consenso internazionale

Il potere non è fatto solo di armi ed economia, ma anche della capacità di attrarre e influenzare: è il soft power, che ha spesso determinato il corso della storia più della forza bruta. Joseph Nye - sul Financial Times - analizza il declino del soft power americano sotto Donald Trump, il cui approccio transazionale ha minato valori democratici e alleanze storiche. Mentre la Cina cerca di accrescere la propria influenza globale combinando sviluppo economico e cultura, le divisioni interne e l’erosione delle istituzioni rischiano di compromettere l'attrattiva degli Stati Uniti. Tuttavia, la resilienza democratica americana potrebbe ancora riscrivere la storia.

Nel suo articolo sul Financial Times, Joseph Nye ribadisce un concetto fondamentale delle relazioni internazionali: il potere non si limita alla forza militare o economica, ma include la capacità di attrarre e influenzare. Questo è il soft power, un elemento spesso sottovalutato ma cruciale nel lungo periodo.

La storia lo dimostra: l’Impero Romano si impose non solo con le sue legioni, ma anche grazie al fascino della sua cultura e delle sue istituzioni. La Guerra Fredda non si vinse con i carri armati, ma con l’attrazione esercitata dai valori occidentali sui cittadini oltre la Cortina di Ferro.

Tuttavia, il soft power non è garantito. Dipende dalla percezione della legittimità di un Paese, dalla coerenza tra i suoi valori dichiarati e le sue azioni. Qui entra in gioco la leadership politica. Secondo Nye, Donald Trump ha gravemente indebolito il soft power americano con una politica estera basata su nazionalismo esclusivo e transazioni di corto respiro. 

Il suo motto “America First” può funzionare in patria, ma all’estero isola gli Stati Uniti. Episodi come il tentativo di bullizzare la Danimarca per l’acquisto della Groenlandia o l’ambiguo rapporto con la Russia di Putin hanno compromesso la credibilità statunitense.

L’ordine internazionale liberale, costruito dagli USA dopo la Seconda guerra mondiale con istituzioni come l’ONU e il sistema economico di Bretton Woods, non è mai stato perfetto, ma ha fornito un quadro di regole condivise. Trump, al contrario, ha trattato le alleanze come contratti commerciali, minacciando il sostegno alla NATO e smantellando strumenti di cooperazione come l’agenzia USAID. Questo ha minato il ruolo di Washington come guida del mondo libero.

In parallelo, la Cina ha sviluppato una strategia di smart power, combinando crescita economica, investimenti culturali e relazioni commerciali per ridurre il timore suscitato dal suo potere militare ed economico. Dall’espansione delle Istituzioni Confucio ai programmi di aiuti internazionali, Pechino ha cercato di costruire una narrazione alternativa a quella occidentale. Tuttavia, la sua politica repressiva, il controllo del Partito Comunista sulla società civile e le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale limitano il successo del suo soft power.

Nye sottolinea che il soft power non si crea solo con la propaganda governativa. La vera attrazione nasce dalla società civile, dalle università, dal cinema, dalla libertà di stampa e dalla capacità di autocritica. Durante la guerra del Vietnam, gli stessi manifestanti che criticavano gli USA cantavano We Shall Overcome, un inno dei diritti civili americani. Questo dimostra che l’influenza di un Paese non dipende solo dalle sue politiche, ma anche dalla sua cultura e dalla sua capacità di rinnovarsi.

L’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 è stato un duro colpo al prestigio democratico degli Stati Uniti. La polarizzazione interna, alimentata da Trump e amplificata dai social media e dalla disinformazione, ha reso più fragile la democrazia americana agli occhi del mondo. Se il declino del soft power era evidente già durante la guerra in Iraq e in Vietnam, oggi il rischio è che l’America perda definitivamente il suo status di faro dei valori democratici.

Tuttavia, Nye lascia spazio alla speranza: la democrazia americana ha dimostrato nel passato una straordinaria capacità di riformarsi. Le istituzioni, seppur indebolite, funzionano ancora. Se le politiche economiche di Trump dovessero fallire, il Congresso potrebbe riequilibrare i poteri. Inoltre, il soft power non dipende solo dai governi: le università, le imprese e la società civile americana continuano a esercitare un forte fascino nel mondo.

La lezione finale dell’articolo è chiara: il vero realismo politico non può prescindere dai valori. Trascurare il soft power e il consenso internazionale non è solo un errore etico, ma anche strategico. Se l’America vuole mantenere la sua leadership globale, dovrà riscoprire il valore della cooperazione, della democrazia e della sua capacità di attrarre, non solo di imporre.

 

Foto: Immagine tratta dalla Domenica del Corriere del 14 luglio del 1918. Manifestazione in piazza Duomo per la festa americana del 4 luglio