L’intensificarsi degli attacchi di Donald Trump alla magistratura statunitense e la sua apparente propensione a ignorare le sentenze alimentano i timori di una crisi costituzionale negli Stati Uniti, -scrive Stefania Palma sul Financial Times. L’allarme è stato sollevato persino dal Chief Justice della Corte Suprema, John Roberts, che ha criticato il presidente per aver suggerito l’impeachment di giudici a lui sgraditi. Questa tensione tra potere esecutivo e giudiziario rappresenta un momento critico per lo stato di diritto americano.
Trump e la sua amministrazione hanno già mostrato segnali di sfida nei confronti del sistema giudiziario. Negli ultimi giorni, un giudice federale ha stabilito che il governo ha violato la Costituzione chiudendo l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale, mentre un altro caso ha visto il mancato rispetto di un ordine giudiziario che avrebbe dovuto impedire la deportazione di una dottoressa libanese. Episodi simili si sono ripetuti con l’espulsione di membri di una gang venezuelana nonostante un divieto imposto da un tribunale federale. La Casa Bianca si è difesa affermando di aver agito "nei limiti della legge", adducendo motivazioni tecniche come il ritardo nella comunicazione delle decisioni dei giudici.
Ma le parole di Trump e dei suoi alleati rivelano un’aggressività senza precedenti verso il potere giudiziario. Stephen Miller, consigliere politico di Trump, ha definito i giudici “radicali e senza autorità”, mentre il vicepresidente JD Vance ha dichiarato che la magistratura non dovrebbe limitare i poteri dell’esecutivo. Queste affermazioni sollevano un interrogativo cruciale: cosa può fare la giustizia se il presidente decide deliberatamente di ignorarla?
Di norma, i tribunali dispongono di strumenti come sanzioni, arresti o congelamento di beni per imporre il rispetto delle sentenze. Tuttavia, nel caso di Trump, la questione è più complessa. L’applicazione delle decisioni giudiziarie dipende dal Servizio dei Marshal degli Stati Uniti, che opera sotto il Dipartimento di Giustizia, ora guidato da Pam Bondi, una lealista di Trump. L’eventualità di dichiarare il presidente in oltraggio alla corte è remota: sebbene in passato membri del governo siano stati puniti per aver ignorato ordini giudiziari, nessun tribunale ha mai emesso una simile sanzione contro un presidente in carica.
La Corte Suprema, che potrebbe dover pronunciarsi sui casi più controversi, è dominata da una maggioranza conservatrice 6-3, con tre giudici nominati dallo stesso Trump. Tuttavia, il rispetto dello stato di diritto non sempre segue linee ideologiche: Roberts, considerato un conservatore moderato, ha già preso posizione contro gli attacchi all’indipendenza della magistratura.
Gli esperti avvertono che l’erosione del rispetto per le sentenze potrebbe portare al collasso del sistema democratico statunitense. Se il presidente ignora impunemente i giudici, il principio che tutti siano soggetti alla legge rischia di diventare un ricordo del passato. In un contesto in cui l’aspettativa di rispetto delle regole si sgretola, l’America potrebbe trovarsi sull’orlo di una svolta autoritaria senza precedenti
Lo stato di diritto in bilico e l’ombra dell’autoritarismo

L’amministrazione Trump - scrive Stefania Palma sul Financial Times - sfida apertamente il potere giudiziario, sollevando il rischio di una crisi costituzionale. Il Chief Justice John Roberts ha criticato il presidente per le sue minacce ai giudici, mentre la Casa Bianca continua a ignorare sentenze scomode su immigrazione e diritti civili. Trump e i suoi alleati sostengono che i giudici non dovrebbero limitare l’azione dell’esecutivo, sollevando dubbi sul futuro dello stato di diritto. L’assenza di strumenti efficaci per obbligare il presidente al rispetto delle leggi potrebbe minare le fondamenta della democrazia americana, portando il paese verso un pericoloso declino istituzionale