The Atlantic pubblica un’analisi lucida e inquietante di Anne Applebaum sullo stato della democrazia americana sotto la presidenza di Donald Trump. L’articvolo denuncia l’erosione silenziosa – ma profonda – del sistema istituzionale fondato dai Padri Fondatori. L’autrice parte da un episodio emblematico: la sospensione improvvisa della maggior parte dei dazi commerciali, precedentemente imposti da Trump, avvenuta senza consultazioni né con il Congresso, né con il Gabinetto, né con le agenzie competenti. Questa decisione, giustificata dal presidente come frutto di una sua intuizione personale, serve come punto di partenza per una riflessione più ampia sul potere esecutivo divenuto incontrollato.
Applebaum osserva che questo tipo di comportamento non è un’anomalia passeggera, ma un modello consolidato. Trump agisce secondo impulsi personali, senza vincoli, in un contesto in cui le istituzioni che avrebbero dovuto limitarlo si mostrano inerti, disfunzionali o addirittura complici. Il Congresso non esercita più il suo ruolo di controllo; il Gabinetto è stato svuotato della sua funzione deliberativa ed è ormai composto solo da lealisti; la magistratura, per quanto teoricamente autonoma, si muove con lentezza o prudenza tale da risultare ininfluente nel breve termine.
Questa condizione, secondo Applebaum, costituisce un tradimento del progetto costituzionale originario. I Padri Fondatori avevano costruito un sistema di separazione dei poteri proprio per impedire la concentrazione di autorità in un solo individuo. Essi chiamavano tirannia il potere assoluto esercitato senza contrappesi – e avevano disegnato un’architettura politica che doveva impedire il verificarsi di una tale concentrazione. Tuttavia, oggi quel sistema si rivela incapace di adempiere alla sua funzione. Le regole sono ancora scritte, ma non vengono più rispettate o fatte valere. Il risultato è una repubblica che formalmente mantiene le sue strutture, ma che in sostanza non opera più secondo i principi costituzionali su cui si fondava.
Tutti i danni di Trump
La questione, sottolinea Applebaum, non riguarda solo la politica commerciale o le scelte economiche – le uniche che risultano visibili, tangibili, facilmente misurabili. L’autrice avverte che lo stesso metodo decisionale arbitrario e autoritario si sta estendendo anche ad ambiti meno osservabili, ma cruciali per la sopravvivenza di una democrazia liberale.
Nel campo della ricerca scientifica, per esempio, le decisioni vengono sempre meno affidate a esperti o organismi indipendenti e sempre più condizionate dal volere del presidente e del suo entourage. Le agenzie scientifiche perdono autorevolezza, i criteri tecnici vengono sostituiti da valutazioni politiche o personali. In un simile contesto, la produzione di conoscenza e l’innovazione diventano vulnerabili a ideologie e favoritismi.
Anche le libertà civili sono messe sotto pressione. Quando l’autorità centrale può agire senza alcun filtro istituzionale, anche i diritti fondamentali rischiano di diventare arbitrari. La libertà di espressione, di stampa, di protesta o di associazione – tutte protette dalla Costituzione – possono essere compromesse senza che vi siano conseguenze politiche o giuridiche effettive. Non perché siano state abrogate formalmente, ma perché le istituzioni deputate a difenderle si rivelano incapaci o riluttanti ad agire.
La sanità pubblica rappresenta un altro ambito in cui l’influenza del potere personale produce effetti corrosivi. Le decisioni in materia di salute non vengono più guidate da esperti, ma sono soggette a logiche politiche, propagandistiche o perfino emotive. Questo mina la capacità dello Stato di rispondere in modo razionale a crisi sanitarie o a bisogni sistemici, e indebolisce la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema.
Infine, l'amministrazione pubblica federale è forse la vittima più silenziosa, ma non meno rilevante. Applebaum descrive una burocrazia sempre più svuotata di competenze e dominata dalla lealtà politica. I funzionari esperti vengono marginalizzati, sostituiti da figure scelte per la loro fedeltà personale al presidente piuttosto che per la loro competenza. L’amministrazione pubblica perde così la sua capacità di operare in modo coerente, imparziale ed efficiente, trasformandosi in uno strumento del potere personale anziché in una garanzia di legalità e continuità.
Democrazie e dittature
L’analisi di Applebaum non si limita a una condanna di Trump come individuo, ma propone una riflessione più ampia e sistemica: le istituzioni non falliscono perché vengono distrutte, ma perché smettono di funzionare. E smettono di funzionare quando coloro che ne fanno parte – parlamentari, giudici, funzionari – rinunciano al loro dovere di esercitare controllo, critica e indipendenza. In questa dinamica, l’autrice individua una somiglianza con il modo in cui operano molte dittature contemporanee: il potere si concentra, le decisioni si fanno arbitrarie, il dissenso si marginalizza, e tutto questo avviene non con un colpo di Stato, ma con il progressivo svuotamento della democrazia dall’interno.
In conclusione, Anne Applebaum lancia un monito severo ma argomentato: la fragilità delle democrazie non si misura solo nei momenti di crisi esplosiva, ma nella capacità o meno delle istituzioni di resistere alla tentazione del potere arbitrario. Se esse falliscono in questo compito – come sta accadendo, a suo giudizio, negli Stati Uniti di oggi – allora il sistema pensato per impedire la tirannia rischia di diventare un simulacro. La democrazia può cessare di esistere ben prima che qualcuno ne dichiari la fine.
Foto di Tyler Merbler. All'esterno del Campidoglio degli Stati Uniti durante l'attacco del 6 gennaio 2021.