Nel suo editoriale per il New York Times International, Thomas Friedman offre una critica feroce e profondamente preoccupata dei percorsi paralleli intrapresi da Donald Trump e Benjamin Netanyahu, leader che, a suo avviso, stanno smantellando le fondamenta democratiche rispettivamente degli Stati Uniti e di Israele. Quella che un tempo sarebbe stata un’immagine fonte di orgoglio — l’incontro tra due leader democratici — diventa oggi, per Friedman, simbolo di degrado morale e istituzionale.
Entrambi i leader vengono ritratti come aspiranti autocrati, impegnati a delegittimare le istituzioni democratiche, demonizzare l’opposizione interna e sostituire figure competenti con fedelissimi incapaci. Trump e Netanyahu, secondo Friedman, stanno costruendo un mondo “post-America” e “post-Israele”, dove le identità democratiche e morali dei loro Paesi vengono abbandonate in favore di un etnonazionalismo brutale, cinico e autoritario.
Trump, con il sostegno del suo vice J.D. Vance, si muove verso un’America post-Reagan, svuotata dei suoi ideali fondativi: una nazione che non aspira più a essere un faro morale per il mondo, ma che ridicolizza gli alleati storici, ignora il proprio “soft power” e tratta il sostegno a paesi come l’Ucraina come una transazione affaristica. Netanyahu, parallelamente, ha indebolito le istituzioni israeliane: minaccia l’indipendenza del potere giudiziario, cerca di estromettere funzionari leali allo Stato ma non al suo governo, e sostiene politiche che flirtano con l’idea di una pulizia etnica nei territori occupati.
Friedman denuncia la retorica che entrambi i leader adottano per schiacciare il dissenso, incluso l’uso strumentale dell’antisemitismo per delegittimare ogni critica, anche quella proveniente dall’interno delle comunità ebraiche stesse. Viene citata con forza la posizione del rabbino Sharon Brous, che accusa la destra americana e israeliana di usare la sofferenza ebraica per giustificare l’attacco alle istituzioni democratiche e rafforzare un progetto suprematista bianco.
Eppure, si vedono segnali di resistenza. In Israele, la società civile ha mostrato una tenacia maggiore rispetto a quella americana. Ex capi di istituzioni militari e d’intelligence israeliane hanno preso posizione pubblicamente contro Netanyahu, denunciandone la pericolosità per la sopravvivenza dello Stato come democrazia ebraica.
Foto: Trump e Netanyahu ( dall'Ambasciata degli Stati Uniti di Gerusalemme)