Franco Vaccari su Avvenire, arrivato a leggere l’ultima pagina di *Guerra e pace*, si interroga sulla persistenza delle guerre e sulla perdita della consapevolezza delle comuni radici europee. Questa riflessione lo porta alla domanda attuale: vale la pena scendere in piazza per l’Europa? E soprattutto, per quale Europa?
Da un lato, c’è “questa Europa”: un’Unione Europea paralizzata da veti, incapace di una politica migratoria comune, pronta a trovare miliardi per armarsi ma inerte di fronte alle tragedie nel Mediterraneo. Un’Europa delusa rispetto ai suoi ideali di solidarietà e giustizia. Per questa Europa, forse, si potrebbe scendere in piazza per contestarla.
Dall’altro lato, c’è l’Europa come ideale storico concreto, nata dal sogno di pace e cooperazione dei suoi fondatori. L’autore richiama momenti simbolici della sua genesi: il Codice di Camaldoli nel pieno della Seconda guerra mondiale, il sacrificio di Jan Palach contro l’oppressione sovietica, il coraggio di Sophie Scholl nella resistenza al nazismo. Cita figure come Spinelli, De Gasperi, Monnet, Schuman e Adenauer, che hanno dato vita a un progetto senza precedenti, capace di garantire settant’anni senza guerre.
Questo ideale europeo non è solo un ricordo del passato. È una realtà che ha plasmato generazioni, facendo cadere frontiere e barriere, creando opportunità di scambio, progresso scientifico e una moneta unica. Ma oggi l’Europa si trova su un crinale pericoloso, un punto di svolta che potrebbe portare alla sua frammentazione.
Se si scendesse in piazza solo per contestare, senza una proposta costruttiva, o peggio, se si rimanesse indifferenti, si rischierebbe di perdere quel filo che lega il passato a un futuro possibile di pace. Il tempo dell’attesa è finito: la storia accelera e chiede risposte.
L’autore propone allora un’alternativa: una piazza “per l’Europa”, non per difendere le sue attuali debolezze, ma per rilanciare il suo progetto. Un’Europa che non sia più adolescente, ma che accetti finalmente la sfida della maturità, assumendosi la piena responsabilità del proprio destino.
La conclusione è un invito a credere ancora nell’Europa, nonostante le sue contraddizioni. In questa piazza, simbolica e reale, dovrebbe sventolare una sola bandiera: logora, sgualcita, ma l’unica senza sangue. Nel dubbio, l’autore sceglie di non avere rimpianti e di stare su quella soglia, tra storia e sogno.
Foto: manifestazione a Piazza San Giovanni