Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Trump, la fedeltà al capo e l'eclissi della democrazia

giuramento vassallatico
John Bolton accusa Trump di esigere dai suoi collaboratori una “fedeltà personale” che ricorda i giuramenti vassallatici, lanciando un monito su come la democrazia possa gradualmente scivolare verso una deriva autoritaria “fino a quando non è troppo tardi per invertire la rotta". Uno spunto provocatorio che invita ad esplorare il rapporto tra autoritarismo contemporaneo e fedeltà al capo.

John Bolton, il “falco” repubblicano ex consigliere per la sicurezza nazionale nella prima amministrazione Trump, fu licenziato nel settembre 2019 per divergenze sulla gestione della politica estera. In realtà, come Bolton stesso e numerosi resoconti hanno evidenziato, la rottura fu il risultato di incompatibilità profonde nello stile e nelle priorità tra i due. Oggi l’ex consigliere ritorna a esaminare la “pericolosa” figura del suo ex capo con un lungo articolo sul New York Times dal titolo enigmatico: "Presidents Expect Loyalty. Trump Demands Fealty" (5 gennaio 2025). Il testo stimola più di una riflessione.

1. Il punto centrale dell’argomentazione di Bolton è che Trump pretende dai suoi collaboratori non solo loyalty (lealtà), ma fealty (fedeltà), un concetto medievale che implica una sorta di devozione personale. Bolton cita poi l'incoronazione di Carlo III nel 2023, quando il principe William giurò di essere il “liege man of life and limb” di suo padre, una professione di totale sottomissione dalle origini altrettanto antiche. Trump ambirebbe dunque a riesumare il giuramento vassallatico medievale? La provocazione è indubbiamente gustosa e merita un approfondimento.

2. In effetti il concetto di fealty costituiva il perno delle relazioni di potere nel ‘sistema feudale’ europeo. Quando un vassallo giurava pubblicamente fedeltà al suo signore, contraeva un "obbligo sinallagmatico": si impegnava a fornire supporto militare e risorse materiali in cambio di protezione e accesso ai feudi. Essere un liege man of life and limb (un uomo fedele con la vita e con il corpo) implicava un impegno ancora più vincolante: significava impegnare – difronte all’assemblea feudale – tutte le proprie capacità fisiche al servizio del proprio signore, la cui persona trascendeva l’ordine giuridico o meglio lo incarnava. La promessa solenne implicava un impegno quasi sacro, come ancora oggi si intravede nel giuramento del Principe di Galles citato da Bolton.

3. I rapporti gerarchici fondati sulla fedeltà personale non sono esclusivi del passato feudale europeo e trovano analogie in molti contesti politici contemporanei. Tracce di essi si ritrovano in particolare nei regimi autoritari basati su una leadership personalistica, nei contesti populisti dominati da capi carismatici, e nei regimi semi-democratici fortemente improntati a dinamiche clientelari e legami patrimonialistici. Tracciamo rapidamente alcuni esempi. 

In Russia, le relazioni personali con il presidente Putin definiscono l'accesso a risorse e influenza per l'élite politica, burocratica ed economica. Le sanzioni occidentali durante la guerra in Ucraina hanno ulteriormente consolidato questo modello, spingendo anche gli oligarchi ‘critici’ a rifugiarsi sotto l’ombrello della protezione presidenziale.  In Cina, Xi Jinping ha instaurato un culto della personalità che enfatizza la devozione al leader piuttosto che al collettivo del partito comunista. La sua nomina a vita nel 2018 lo consacra come incarnazione monarchica della triade nazione, popolo, Stato.  La Turchia di Erdogan offre un esempio più moderato ma comunque incisivo di regime presidenziale personalistico e centralizzato. La fedeltà al presidente guida la carriera nei ranghi dell’AKP e dello Stato, dimostrando come, anche con elezioni “quasi libere”, la subordinazione delle istituzioni al leader alimenti una deriva autoritaria duratura.  In Brasile, il presidente Bolsonaro (2019-2022) cercò di controllare le istituzioni statali attraverso un esteso sistema di fedeltà clientelari, giungendo a interferire nelle nomine della polizia federale per proteggere i suoi interessi personali e familiari – il che provocò le eclatanti dimissioni del ministro della Giustizia Sergio Moro nel 2020.  In India, infine, il primo ministro Narendra Modi ha consolidato un culto della personalità nel suo partito, sfruttandolo per polarizzare il dibattito politico, erodere il pluralismo e indebolire le istituzioni giuridiche. Un esempio è la legge sulla cittadinanza del 2019, approvata su ordine di Modi nonostante le proteste diffuse e le critiche internazionali per la discriminazione verso i musulmani e la violazione del principio costituzionale di laicità dello Stato.

4. Ciò detto, non possono sorprendere i timori di John Bolton che la pretesa di Trump di esigere una fedeltà assoluta e personale da parte dei "suoi" funzionari pubblici rappresenti una minaccia diretta alla democrazia liberale. Questa dinamica, che piega le istituzioni al servizio di un leader apicale – eletto dal popolo, solo al comando e fedelmente obbedito – indebolisce la separazione dei poteri, distorce le funzioni costituzionali e concentra la fiducia pubblica sulla persona privata del presidente. Questo creerebbe "una frattura irreparabile tra i principi costituzionali e l’azione governativa".

Un punto chiave è rappresentato dal rischio di ordini illegali. Nel Dipartimento della Difesa, ad esempio, i funzionari militari potrebbero trovarsi a decidere se eseguire direttive contrarie alla legge, come un dispiegamento interno delle forze armate (ad esempio in funzione anti-migranti). Bolton si chiede: cosa accadrebbe se tali ordini fossero accettati senza discussioni? E se funzionari di carriera, guidati dal dovere costituzionale, si rifiutassero di obbedire? Questo potrebbe generare caos lungo tutta la catena di comando, con effetti duraturi sulla capacità operativa delle istituzioni.

Problemi simili sorgerebbero nel Dipartimento di Giustizia. Bolton ipotizza che funzionari come Pam Bondi, scelta da Trump come procuratore generale, potrebbero trasmettere l’ordine di perseguire avversari politici su basi infondate. I subordinati, come il vice procuratore generale o altri funzionari di carriera, dovrebbero scegliere tra obbedienza al capo e rispetto della legge, rischiando sanzioni disciplinari o, peggio, ritorsioni politiche. Questo dilemma, avverte Bolton, potrebbe provocare crisi profonde, minando il Dipartimento di Giustizia e agenzie come l’FBI, accentuando la vulnerabilità degli oppositori politici e consolidando un sistema di governo arbitrario.

5. In conclusione, non si può non concordare con il conservatore Bolton quando avverte che il pericolo maggiore è la normalizzazione di queste dinamiche. Se un leader eletto, forte del consenso popolare, piega le istituzioni alla fedeltà personale, non solo distorce il sistema democratico, ma apre la strada a futuri abusi. Nè si può ignorare il suo monito, che supera di gran lunga i confini statunitensi:

"Il rischio più grande è che l’erosione della democrazia non sia improvvisa, ma graduale e, di conseguenza, invisibile fino a quando non è troppo tardi per invertire la rotta".