Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Consigli di lettura

“Io so qualcosa che molti non apprezzano di Donald…”

Eileen Workman è un'autrice e saggista che ha trascorso 16 anni nel settore finanziario, ricoprendo il ruolo di First Vice President of Investments in una importante società di Wall Street, fino a quando un risveglio spirituale l'ha portata ad abbandonare quel campo. Ha lavorato con Trump e ora offre queste considerazioni su di lui si varie piattaforme social. Noi l’abbiamo ripresa e tradotta da un post su Facebook del sociologo americano Jerry Krase. Lo scritto di Workman evidenzia come Donald Trump, sin dai tempi della finanza, abbia celato una sua agenda nascosta in ogni trtasazione. Con carisma e spettacolarità, ha manipolato accordi e relazioni, trattando ogni contratto come strumento di profitto personale. L’autrice sottolinea inoltre il disprezzo di Trump per ogni tipo di vincolo e limite, e la sua diabolica capacità di utilizzare abilmente il potere della persuasione per avanzare i propri interessi.

Trump e il caos globale: un risiko senza soluzioni

L'analisi di Giorgio Ferrari su Avvenire delinea un panorama internazionale complesso, dove l'approccio impulsivo di Donald Trump ha moltiplicato le crisi globali senza offrire soluzioni concrete. Dalla guerra in Ucraina ai conflitti in Medio Oriente, le iniziative del presidente statunitense sembrano più orientate a destabilizzare che a risolvere. Con promesse irrealistiche e una politica estera frammentata, Trump ha trasformato la diplomazia in un gioco pericoloso, lasciando l'America e il mondo in uno stato di incertezza crescente.

Caritas Libano: migliaia di malati curati grazie agli aiuti internazionali

Il Centro di assistenza sanitaria primaria di Karas, a Beirut - ci racconta Giordano Contu su l'Osservatore Romano - raccoglie quotidianamente circa 150 pazienti, offrendo cure mediche gratuite o a basso costo. Caritas Libano, con 90 strutture, 700 operatori e 3.000 volontari, è diventata un pilastro fondamentale per la popolazione vulnerabile, soprattutto dopo la crisi economica del 2019. Tuttavia, il taglio degli aiuti internazionali, in particolare quelli provenienti dagli Stati Uniti, minaccia la sostenibilità dei servizi offerti.

La democrazia svuotata: potere arbitrario ed erosione istituzionale nell’America di Trump

Nel suo articolo su The Atlantic, Anne Applebaum denuncia il progressivo svuotamento delle istituzioni democratiche americane sotto la presidenza Trump. Partendo dalla sospensione arbitraria dei dazi, evidenzia come il presidente agisca senza controlli, in aperto contrasto con il principio della separazione dei poteri voluto dai Padri Fondatori. Le istituzioni – Congresso, Gabinetto, magistratura – non esercitano più il loro ruolo di freno. Applebaum avverte che lo stesso potere arbitrario si estende a settori meno visibili, come ricerca scientifica, libertà civili, sanità e amministrazione. La fragilità della democrazia, scrive, non emerge solo nelle crisi violente, ma nel lento logoramento istituzionale. Il vero pericolo è che la democrazia svanisca senza che nessuno ne dichiari ufficialmente la fine.

Dalla democrazia al disastro: Trump e Netanyahu, fratelli nella deriva autoritaria

Thomas Friedman denuncia nel New York Times la pericolosa convergenza tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu, accusati di sabotare le democrazie americana e israeliana dall’interno. Attraverso la delegittimazione delle istituzioni, il culto della personalità e l’abuso dell’antisemitismo, entrambi minano i valori fondativi dei loro Paesi. Ma Friedman trova speranza nella resistenza della società civile israeliana, e lancia un appello: fermare la deriva autoritaria è la sfida cruciale del nostro tempo.

La guerra dei dazi, spiegata in politica

L’articolo compara il protezionismo classico americano con quello contemporaneo di Donald Trump, evidenziando profonde discontinuità storiche, politiche e istituzionali. Alla fine dell’Ottocento i dazi favorirono lo sviluppo della giovane industria americana e alimentarono un dibattito acceso, ma pienamente inscritto nel contesto costituzionale e parlamentare. Oggi la “guerra dei dazi” nasce dall’insicurezza economica e dal declino industriale, con una polarizzazione politica centrata sulla figura del presidente e in uno scenario di squilibrio istituzionale. Il protezionismo trumpiano segna una svolta verso la personalizzazione del potere esecutivo e l’uso punitivo del commercio. Strumenti emergenziali, retorica sovranista e azioni unilaterali ridefiniscono il ruolo presidenziale, delineando un nuovo paradigma che sfida le regole multilaterali e le architetture liberali della governance democratica.

L’ombra della Russia sul futuro globale: chi decide le sorti dell’Ucraina?

La recente telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump ha segnato un momento chiave nei rapporti USA-Russia, con il Cremlino che ha salutato l’incontro come l’inizio di un “nuovo ordine mondiale”. Putin ha respinto un cessate il fuoco totale in Ucraina, proponendo invece una tregua parziale che esclude attacchi alle infrastrutture energetiche. La conversazione ha rafforzato l’idea di Mosca come potenza globale con un ruolo decisionale nei conflitti internazionali, spesso senza il coinvolgimento diretto di Kyiv. Mentre la Casa Bianca e il Cremlino forniscono versioni discordanti dell’intesa, il mancato ritiro russo e le restrizioni agli aiuti militari all’Ucraina sollevano dubbi sulle reali intenzioni di Mosca e Washington.

L’ottimismo cieco non è strategia. l’Europa è davvero pronta a difendersi?

Janan Ganesh smonta, sul Fiancial Times. la narrazione di un’Europa in fase di rinascita strategica e difensiva, mettendo in luce divisioni e contraddizioni. Il Regno Unito, dopo le speranze riposte nel governo laburista, è già in recessione, mentre la retorica del riarmo europeo si scontra con ostacoli economici e politici. L’assenza di un consenso chiaro su chi, dove e come debba difendere l’Europa mina ogni reale progresso. La frattura Nord-Sud diventa sempre più evidente e, lungi dall’essere un gigante che si risveglia, il continente appare ancora incerto e riluttante, prigioniero di illusioni più che di strategie concrete.  

Lo stato di diritto in bilico e l’ombra dell’autoritarismo

L’amministrazione Trump - scrive Stefania Palma sul Financial Times - sfida apertamente il potere giudiziario, sollevando il rischio di una crisi costituzionale. Il Chief Justice John Roberts ha criticato il presidente per le sue minacce ai giudici, mentre la Casa Bianca continua a ignorare sentenze scomode su immigrazione e diritti civili. Trump e i suoi alleati sostengono che i giudici non dovrebbero limitare l’azione dell’esecutivo, sollevando dubbi sul futuro dello stato di diritto. L’assenza di strumenti efficaci per obbligare il presidente al rispetto delle leggi potrebbe minare le fondamenta della democrazia americana, portando il paese verso un pericoloso declino istituzionale

Deportrazioni: L'Amministrazione scatenata contro i giudici: "Non ci fermeremo. Non ci interessa cosa pensano i giudici"

La crescente sfida dell’amministrazione Trump al potere giudiziario, in particolare riguardo all’uso dell’Alien Enemies Act per deportare presunti membri di gang venezuelane, è in pieno sviluppo, come riporta l'analisi di Stephen Collinson sul sito della CNN del 18 marzo analizza. Il consigliere della Casa Bianca Stephen Miller ha dichiarato che i giudici non hanno autorità per interferire con il potere esecutivo, mentre Trump ha chiesto l’impeachment del giudice James Boasberg per aver bloccato le deportazioni. Questo scontro minaccia la separazione dei poteri sancita dalla Costituzione, con funzionari dell’amministrazione che dichiarano apertamente di ignorare le decisioni giudiziarie. Il caso solleva interrogativi sulla tenuta democratica degli Stati Uniti e sulla capacità delle istituzioni di mantenere un sistema di pesi e contrappesi.

Trump-Putin: Il Ritorno della Diplomazia Brutale

La telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin - scrive Domenico Quirico su La Stampa - riecheggia momenti storici come il dialogo tra Churchill e Roosevelt nel 1941. In un mondo scosso dalla guerra in Ucraina, i due leader si confrontano direttamente, lasciando l’Europa spettatrice impotente. Trump, con la sua diplomazia diretta e brutale, si scontra con l’astuzia strategica di Putin. Dietro la conversazione si delineano accordi taciti e giochi di potere che potrebbero ridisegnare gli equilibri globali, mentre la guerra avanza sul campo. Il mondo assiste, conclude Quirico, consapevole che dalle decisioni di questi due uomini dipenderanno le sorti dell’Ucraina e dell’intero equilibrio geopolitico.

La deriva autoritaria di Trump e la fragilità della democrazia americana

L’amministrazione Trump - scrive Mario Del Pero su Domani - sta sfidando apertamente il potere giudiziario e il sistema di pesi e contrappesi, minacciando l’equilibrio democratico degli Stati Uniti. L’uso di ordini esecutivi per aggirare il Congresso e il tentativo di marginalizzare il potere giudiziario rivelano un progetto autoritario. La crisi è alimentata dalla sfiducia crescente nelle istituzioni e dall’inefficienza del sistema rappresentativo. La strategia di intimidazione verso burocrati e oppositori politici rafforza il controllo presidenziale, mettendo in discussione la tenuta democratica del paese.

Difesa comune e sostegno all’Ucraina: una scelta necessaria per l’Europa

Secondo Francesco Giavazzi - che esprime la posizione mainstream su il Corriere della Sera - l’invasione russa dell’Ucraina ha reso evidente la necessità di un impegno europeo per la sicurezza comune. Considerato il possibile disimpegno degli Stati Uniti dalla NATO, l’UE deve dunque dotarsi di una difesa autonoma. Il problema non sono le risorse economiche, ma l’integrazione dei sistemi nazionali. Il piano Safe della Commissione Europea è, secondo Giavazzi, un passo avanti, ma insufficiente. Una scelta chiara su difesa e Ucraina obbligherebbe i partiti a schierarsi sui valori fondanti dell’Unione, superando ambiguità politiche.

Esserci e farsi sentire. L'Europa siamo noi

In un'epoca in cui il sospetto e il profitto dominano la politica è ridotta a un mercato - scrive su Concita De Gregorio su Repubblica - . Chi non ha nulla da vendere si allontana, e la sfiducia porta all'astensione. Ma c'è ancora chi crede nei valori, nella cura reciproca e nell'importanza di esserci. Di fronte all'ascesa di autocrati e alla debolezza della democrazia, la vera risposta è la partecipazione. La presenza fisica e la parola sono strumenti di resistenza: ingenui, sì, ma liberi e sovrani.

La crisi della salute globale: dagli aiuti interrotti in Africa alla ricerca in pericolo

In Mozambico, l'associazione Kuplumussana aiuta le donne a comprendere che l'HIV si può curare e prevenire. Tuttavia, la sospensione dei finanziamenti USAID da parte degli Stati Uniti - scrive Alberto Mantovani sul Corriere della Sera - mette a rischio migliaia di vite, negando l'accesso alle terapie antivirali. Il blocco non solo impatta l'Africa, ma minaccia anche la ricerca scientifica globale, con tagli ai finanziamenti e licenziamenti negli istituti di ricerca americani. L'Europa deve agire per colmare queste lacune e proteggere la salute pubblica mondiale.

Una piazza per l’Europa: tra speranza e contraddizioni

La manifestazione di Piazza del Popolo - scrive Marco Damilano su Domani - ha mostrato un’Europa imperfetta ma vitale, unita da valori di libertà, dignità e diritti. L’evento ha dato voce a una società civile che cerca un’Europa migliore, oltre la politica istituzionale e le divisioni interne. Tra gli interventi più applauditi, Andrea Riccardi e giovani attivisti. La segretaria del Pd Elly Schlein ha incarnato l’anima europeista della piazza, mentre le tensioni interne al suo partito rivelano la complessità della leadership politica in un contesto frammentato.

Trump tra ambizioni territoriali e realtà geopolitica

Secondo V. Bergengruen e A. Ward sul Wall Street Journal, nel suo secondo mandato, Donald Trump ha abbracciato un’ideologia espansionista ispirata a James K. Polk, il presidente che nell’Ottocento quasi raddoppiò il territorio degli Stati Uniti. Ha proposto l’annessione del Canada, il controllo del Canale di Panama e l’acquisto della Groenlandia, minacciando dazi e pressioni economiche per raggiungere i suoi obiettivi. Sebbene le sue idee abbiano incontrato forti resistenze internazionali, Trump le considera una parte essenziale della sua eredità politica. La sua visione, tuttavia, si scontra con una realtà geopolitica in cui le espansioni territoriali non avvengono più con la facilità dell’epoca di Polk.

L’Ucraina resiste, l’Europa si rialza: il futuro della democrazia si gioca qui

L’Europa sta vivendo uno dei momenti più critici della sua storia recente: da un lato l’aggressione russa, dall’altro la crescente ostilità degli Stati Uniti di Trump e Vance. Ma anziché cedere allo smarrimento, il continente sta reagendo. Di fronte alla crisi transatlantica - scrive Brendan Simms sul Wall Street Journal - l’Europa accelera la cooperazione strategica e investe miliardi nella difesa. La sua unità e resilienza emergono con forza, mentre l’Ucraina, con la sua resistenza, ne incarna i valori fondamentali. Se gli USA abbandonano il loro ruolo storico, l’Europa potrebbe raccogliere il testimone come baluardo della democrazia globale.

Il riarmo tedesco e la fine dell’Europa pacifica

La decisione della Germania di aumentare massicciamente le spese militari - sostiene Donatella Di Cesare sul Il Fatto Quotidiano - é una svolta epocale e pericolosa per l’Europa. L’autrice critica la narrazione di Ursula von der Leyen sul riarmo come difesa della democrazia, sostenendo che questa scelta segnerà la "disgregazione politica" del continente e un ritorno della Germania come potenza militare autonoma. Con il concetto di Zeitenwende ("svolta dei tempi"), Berlino abbandona la prudenza postbellica per riaffermarsi come leader strategico. Di Cesare avverte che questo processo, accelerato senza dibattito democratico, potrebbe avere conseguenze imprevedibili, riaprendo fratture storiche. Conclude sottolineando il rischio di un’accettazione passiva della militarizzazione europea, "perfino nelle università, lì dove ci si attenderebbe una resistenza".

Giovani nell’ombra: crescere in Ucraina durante la guerra

In Ucraina, la guerra ha lasciato una generazione sospesa tra l'infanzia e l'età adulta. Il racconto di Monica Perosino su La Stampa. Giovani come Natasha, Daryna e Andryi affrontano la distruzione, la perdita e l’incertezza del futuro. Alcuni sono fuggiti, altri sono rimasti, cercando di mantenere una parvenza di normalità tra bombardamenti e solitudine. L’istruzione è compromessa, l’assistenza sanitaria è carente e la crisi psicologica si aggrava. Nonostante tutto, questi ragazzi cercano di resistere, aggrappandosi ai sogni e a un senso di appartenenza a una patria devastata ma ancora viva.