Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

L’ottimismo cieco non è strategia. l’Europa è davvero pronta a difendersi?

Janan Ganesh smonta, sul Fiancial Times. la narrazione di un’Europa in fase di rinascita strategica e difensiva, mettendo in luce divisioni e contraddizioni. Il Regno Unito, dopo le speranze riposte nel governo laburista, è già in recessione, mentre la retorica del riarmo europeo si scontra con ostacoli economici e politici. L’assenza di un consenso chiaro su chi, dove e come debba difendere l’Europa mina ogni reale progresso. La frattura Nord-Sud diventa sempre più evidente e, lungi dall’essere un gigante che si risveglia, il continente appare ancora incerto e riluttante, prigioniero di illusioni più che di strategie concrete.  

L’euforia che accompagnò l’elezione del governo laburista britannico nel 2024 appare oggi ingenua, scrive Janan Ganesh sul Financial Times. L’idea che il Regno Unito potesse emergere come rifugio economico in Europa si è infranta di fronte a una realtà ben diversa: l’economia britannica si è contratta già a gennaio, ancor prima dell’entrata in vigore delle nuove tasse e regolamentazioni. L’errore di fondo, secondo Fanan Ganesh, è stato confondere l’opposizione ai Conservatori con una fiducia cieca nei loro avversari, ignorando problemi strutturali che riflettono quelli dell’intero continente: crescita stagnante, entrate fiscali insufficienti e scarsa capacità di spesa per la difesa.

Anche l’idea di un’Europa che si rafforza di fronte alla minaccia russa e all’isolazionismo statunitense è, per l’autore, una narrazione illusoria. Se è vero che la Germania ha approvato un piano di finanziamento teoricamente illimitato per la difesa, altri Paesi mostrano una realtà diversa. La Spagna si rifiuta di ridurre la spesa sociale, mentre il Partito Laburista britannico è diviso su riforme di welfare che avranno un impatto solo a lungo termine. Ma il vero nodo è politico: aumentare il budget militare non significa necessariamente avere la volontà di impiegare la forza.

Il Regno Unito ha parlato di una "significativa" disponibilità europea a inviare truppe in Ucraina, ma le domande restano senza risposta: chi? Quanti? Con quali regole d’ingaggio? Se la Russia si opporrà alla presenza di truppe NATO, l’Europa sarà pronta a insistere? Il tempo per decidere è limitato, e l’assenza di una strategia chiara è allarmante.

L’idea che l’Europa si stia rafforzando potrebbe nascondere, in realtà, un’ulteriore frattura interna, con il Nord e il Sud sempre più divisi. Giorgia Meloni ha escluso l’invio di soldati italiani, mentre la Spagna vuole includere nella spesa militare investimenti in cybersicurezza e clima, minimizzando l’impegno diretto sul campo. Intanto, paradossalmente, il Regno Unito sembra più orientato all’integrazione difensiva europea di molti Paesi UE.

Un'analisi di S&P Global Ratings mostra un trend chiaro: più una capitale è lontana da Mosca, meno il suo governo investe nella difesa. Il Sud Europa, meno esposto militarmente, tende a destinare risorse altrove, mentre i Paesi più vicini alla Russia, come le repubbliche baltiche, spendono ben oltre il minimo NATO del 2% del PIL. Ma senza il contributo del Mediterraneo, il potenziale europeo si riduce drasticamente.

Ganesh chiude con una riflessione amara: l’Europa non è un gigante che si risveglia, ma un’entità ancora sonnacchiosa e riluttante. L’ottimismo cieco non è strategia, e senza risposte concrete sul chi, dove e come, la retorica di un continente unito e determinato rischia di restare solo un’illusione.