L’Europa è di fronte a una sfida epocale: accettare passivamente la rivoluzione trumpiana o cercare di sfruttarla a proprio vantaggio? Il politologo Ivan Krastev, in un’analisi per il Financial Times, paragona l’attuale momento storico al 1989, quando Mikhail Gorbachev avvertì la Germania Est che il mondo stava cambiando e che ignorarlo sarebbe stato fatale. Oggi, un messaggio simile è stato lanciato da JD Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco: l’Europa è sul lato sbagliato della storia e deve adattarsi alla nuova visione di Donald Trump.
Ma l’effetto delle parole di Vance è stato diverso da quello previsto. In Germania, la vera sorpresa è stata la crescita della sinistra radicale Die Linke grazie al sostegno social di Elon Musk, mentre Friedrich Merz, futuro cancelliere, ha reagito trasformandosi da fedele atlantista in un sostenitore dell’indipendenza europea dagli USA. In poche settimane, la politica europea si è polarizzata tra chi si schiera con Trump e chi rifiuta di piegarsi alla sua pressione.
La rivoluzione di Trump non è solo uno slogan. La sua amministrazione non segue schemi tradizionali, ma si muove con rapidità, senza un piano dettagliato ma con un obiettivo chiaro: riscrivere le regole del mondo. Il presidente non intende limitarsi a risolvere il conflitto in Ucraina, ma vuole ridisegnare gli equilibri globali, ridefinendo il ruolo dell’America in Europa, Medio Oriente e persino nell’Artico.
L’elemento più sorprendente è il suo tentativo di attirare la Russia fuori dall’orbita cinese. Trump offre a Vladimir Putin non solo un accordo per porre fine alla guerra in Ucraina a condizioni favorevoli a Mosca, ma anche la promessa di reintegrare la Russia nell’economia globale e restituirle lo status di grande potenza. La recente decisione degli Stati Uniti di non condannare formalmente l’invasione russa in un voto all’ONU ha scioccato persino alcuni dei sostenitori più fedeli di Trump, ma è parte di questa strategia più ampia: dimostrare al Cremlino che l’America è pronta a fare l’impensabile per cambiare l’ordine mondiale.
Trump non è un semplice improvvisatore, ma un leader che dice esattamente ciò che intende fare. Lo stesso Putin ha riconosciuto che le sue affermazioni, anche le più sorprendenti, riflettono intenzioni reali. Le sue dichiarazioni sul controllo della Groenlandia o del Canale di Panama non sono provocazioni, ma indizi della sua visione strategica. Il presidente crede fermamente che gli Stati Uniti debbano assorbire il Canada come loro 51º stato e ritiene che il suo più grande ostacolo sia il cosiddetto “deep state” americano, che avrebbe bloccato i suoi piani nel primo mandato.
Di fronte a questo scenario, molti in Europa si chiedono se la strategia migliore sia contrastare Trump o trovare un modo per trarre vantaggio dal suo approccio rivoluzionario. La storia insegna che non sempre resistere è la soluzione: Krastev ricorda come, alla fine della Guerra Fredda, la prudenza degli Stati Uniti nei confronti di Gorbachev si rivelò vincente. Oggi, la Russia osserva Trump con un entusiasmo cauto, proprio come gli americani guardavano al leader sovietico nel 1989.
Il dilemma per l’Europa è questo: ha senso lottare contro la rivoluzione trumpiana, o sarebbe più saggio provare a trasformarla in un’opportunità? Se Trump vuole intestarsi un grande piano di pace per l’Ucraina, l’Europa potrebbe lasciarlo fare, evitando di essere coinvolta direttamente nelle negoziazioni con Putin. Potrebbe persino usare questa fase di incertezza per rafforzare la propria autonomia strategica, come suggerito da Merz e Macron.
Un elemento decisivo sarà la capacità dell’Europa di sorprendere Trump. Più che resistere frontalmente, potrebbe adottare un approccio più creativo, trasformando la sfida in un’occasione per ridefinire il proprio ruolo geopolitico. Krastev sottolinea che, nei momenti di crisi, il fattore più importante per il giocatore più debole è l’immaginazione politica. L’Europa può ancora trovare un modo per emergere più forte da questo terremoto geopolitico?
In un mondo in cui Trump vuole riscrivere le regole senza un piano prestabilito, la domanda non è più solo cosa farà l’America, ma come l’Europa deciderà di rispondere.