L’Europa è stata investita da un’ondata di shock diplomatici e strategici nel corso dell’ultimo mese. Tutto è iniziato con il discorso provocatorio del vicepresidente americano JD Vance alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Ciò che ha indignato i leader europei - scrive Brendan Simms sul Wall Street Journal - non è stata tanto la critica sulla loro dipendenza dagli Stati Uniti per la difesa, quanto il disprezzo aperto mostrato verso l’Europa e la sua democrazia.
Ancora più sconcertante è stata l’idea che le tensioni interne - dall’immigrazione alla libertà di espressione - fossero minacce più gravi della stessa Russia. A questo si è aggiunto l’umiliante trattamento riservato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca, seguito dalla sospensione degli aiuti militari e dell’intelligence statunitense all’Ucraina. Il tutto mentre Donald Trump ribadiva la sua convinzione che l’Unione Europea fosse stata creata per “fregare” gli USA.
Questi eventi si inseriscono in un quadro in cui la Russia non solo continua la sua guerra in Ucraina, ma minaccia anche Finlandia, Stati baltici e altre nazioni europee con attacchi informatici e operazioni di disinformazione. Come ha osservato Herman Van Rompuy, ex primo ministro belga e presidente del Consiglio europeo, l’Europa si trova con le “spalle al muro, un abisso ai lati e un coltello alla gola.”
Alcune critiche americane all’Europa sono fondate: come già sottolineava Angela Merkel oltre dieci anni fa, è insostenibile che un continente con il 7% della popolazione mondiale e il 25% del PIL globale spenda il 50% della spesa mondiale per il welfare, senza garantire la propria sicurezza. Il premier polacco Donald Tusk ha ribadito che non si può pretendere che 300 milioni di americani difendano 500 milioni di europei da 140 milioni di russi.
Tuttavia, lo shock degli ultimi eventi ha avuto un effetto inaspettato: l’Europa sta reagendo. L’umiliazione di Zelensky ha suscitato sdegno e una nuova determinazione politica e civile. Si moltiplicano le manifestazioni pro-Europa, come la “Rally for Europe” a Roma. Più concretamente, i governi stanno aumentando la cooperazione strategica e gli investimenti nella difesa, con nuovi fondi per centinaia di miliardi di dollari e un rinnovato focus sulla deterrenza nucleare.
L’Europa ha le risorse per affermarsi come potenza strategica autonoma. Regno Unito, Germania e Francia, insieme, superano Mosca per PIL e spese militari; aggiungendo Polonia, Finlandia e altri alleati, il continente può diventare una forza più che all’altezza della sfida russa. Inoltre, l’Europa resta un modello di innovazione e resilienza, come dimostra l’Estonia, che ha sviluppato strumenti digitali per proteggere il paese da un’eventuale invasione russa.
Nonostante le divisioni e le sfide, l’Europa conserva una forte identità culturale e civile, radicata nei valori democratici. L’Ucraina combatte per entrare in questa comunità, consapevole delle sue imperfezioni ma anche della sua superiorità rispetto alla minaccia autoritaria russa. Come ha detto un sopravvissuto alla Shoah a Odessa: “Hitler voleva uccidermi perché ero ebreo, ora Putin vuole uccidermi perché sono ucraino.”
Non è il momento di dare per spacciata l’Europa. Se saprà trasformare questa crisi in una svolta strategica, potrebbe persino raccogliere l’eredità di un’America in ritirata e affermarsi come nuovo baluardo della democrazia globale.