Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

In Ucraina, morti per una guerra impossibile

comitero di guerra ucraino
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Dopo tre anni di guerra in Ucraina, il futuro appare segnato da compromessi imposti da interessi esterni. L’Occidente, che aveva promesso sostegno incondizionato, ora si mostra diviso, mentre si delineano scenari di resa e adattamento. Gli ucraini, abbandonati, combattono non più per vittorie impossibili ma per pura sopravvivenza. Intanto, il mondo si prepara a dimenticare, mentre nuovi equilibri politici si formano a beneficio di chi detiene la forza, lasciando i morti senza giustizia e la guerra senza senso.

Nel suo articolo, su la Stampa, Domenico Quirico  riflette sul terzo anniversario della guerra in Ucraina, ponendo interrogativi su come verrà spiegato agli ucraini il prezzo pagato per un conflitto che ora sembra indirizzato verso una conclusione imposta dall’esterno.

L’Occidente, un tempo unito nel garantire sostegno fino alla “pace giusta”, ora appare spaccato. Gli Stati Uniti, con l’avvento di Trump, sembrano pronti a negoziare con la Russia, lasciando l’Europa impotente e gli ucraini soli a combattere una guerra che, col passare del tempo, sembra aver perso la sua connotazione iniziale.  

Quirico denuncia la complicità dell’Occidente nel tradire le promesse fatte a Kiev. Per tre anni, le potenze europee hanno incitato gli ucraini alla resistenza, garantendo supporto militare e alimentando l’illusione della vittoria. Ora, però, i leader dell’UE, pur visitando Kiev per l’anniversario, sanno che non potranno mantenere le loro promesse. Le industrie belliche hanno prosperato, le sanzioni economiche potrebbero essere revocate, e già si preparano affari per la ricostruzione.

Ora dobbiamo porci una domanda: cosa resta agli ucraini?  Gli ucraini delle trincee non combattono più per l’Europa, per la democrazia o per l’impossibile riconquista dei territori perduti. Lottano perché non hanno scelta, perché non c’è un altro luogo dove andare, perché il solo atto di resistere è ormai un fine in sé. Sanno che il vinto è un appestato e che, se si arrendessero, verrebbero dimenticati ancor più in fretta. Ma la guerra, continuando, cancella tragicamente  le tracce: Bucha, un tempo simbolo di atrocità, è già sbiadita nella memoria collettiva.  

Si parla già di un possibile “Pétain ucraino”, qualcuno disposto a firmare la pace con Putin per salvare il salvabile. Questo scenario, che era il piano iniziale della Russia, oggi sembra concretizzarsi con tre anni di ritardo.

L’Occidente guarda, incapace di reagire, e gli europei, anziché interrogarsi sulla responsabilità morale di questa guerra, si preparano a tornare agli affari di sempre, alle borse in crescita e alla diplomazia degli interessi. La Corte dell’Aja chiuderà il fascicolo Ucraina per manifesta impotenza, e il mondo andrà avanti, dimenticando chi ha pagato il prezzo più alto.