Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Mentre l’Occidente discute, il trumpismo costruisce la post-democrazia

0:00
0:00
Un progetto autoritario si sta delineando con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. La nuova destra non vuole solo vincere le elezioni, ma ridefinire le basi della democrazia, svuotandola dei suoi principi fondanti. Grazie a denaro, consenso e tecnologia, il trumpismo si sta trasformando in un modello globale che sfida la tradizione liberal-democratica. Tuttavia, l’opinione pubblica è frammentata e il disincanto democratico facilita questa deriva. La sinistra deve smettere di difendersi e tornare a contendere alla destra la visione del futuro, restituendo efficienza alla democrazia per contrastare la regressione autoritaria.

Ezio Mauro, nel suo editoriale su la Repubblica, analizza il pericolo di una deriva autoritaria nel sistema politico occidentale, prendendo spunto dalle prime mosse della nuova amministrazione Trump. La sua riflessione parte da una domanda cruciale: come un sistema diventa autoritario?

Secondo l'editorialista, la risposta è sotto i nostri occhi, nelle decisioni che Trump sta adottando per cancellare il welfare, ridurre l’inclusione e ridefinire il concetto stesso di Stato e democrazia. Il presidente sta portando avanti una strategia di isolazionismo e secessione dagli organismi internazionali, mentre Elon Musk, ormai icona della nuova destra globale, arriva addirittura a invitare i tedeschi a votare per l’estrema destra di Alternative für Deutschland.

Si individua in questo scenario la convergenza di tutti gli “-ismi” reazionari: nazionalismo, colonialismo, sovranismo e imperialismo, il tutto giustificato da una visione ultraconservatrice della religione, che diventa uno strumento per giustificare il potere assoluto. Questo processo segna la fine del codice occidentale, ovvero quel sistema che per decenni ha garantito un equilibrio tra Parlamento, governo e opposizione, permettendo alla destra e alla sinistra di alternarsi nel rispetto di un patrimonio democratico comune.

Ora, però, la nuova destra non si limita più a sfidare la sinistra: il suo vero obiettivo è demolire l’intero impianto liberal-democratico costruito dopo la Seconda guerra mondiale. La sua azione è radicale: non si tratta di una semplice alternanza politica, ma di un tentativo di riscrivere le regole stesse del gioco. Trump e i suoi alleati vogliono spezzare il legame tra Stato e democrazia, trasformando il potere in dominio assoluto, liberandolo da ogni vincolo costituzionale e storico, compresa l’eredità antifascista.

Mauro evidenzia come questa operazione punti a sterilizzare la democrazia, svuotandola dei principi fondanti della separazione dei poteri e dell’equilibrio istituzionale. L’obiettivo finale è la creazione di uno Stato “neutro”, privo di un’anima storica e valoriale, che possa essere piegato al volere di una leadership populista e carismatica. Questo modello si riflette anche in Europa, dove la destra radicale, secondo Mauro, sta cercando di plasmare un nuovo tipo di legittimità politica basato su una relazione diretta tra leader e popolo, scavalcando le mediazioni istituzionali.

La scomparsa del vecchio ordine occidentale rende l’Unione Europea un ostacolo per questo progetto, e infatti molti leader populisti la considerano un problema da aggirare o smantellare. Il trumpismo non è più solo una questione americana, ma un modello globale che combina potere politico, controllo economico e dominio sulle nuove tecnologie. La sua forza risiede nell’abilità di sfruttare le piattaforme digitali e la comunicazione istantanea per costruire una nuova cultura, in grado di sostituire progressivamente la tradizione liberal-democratica con una visione autoritaria della società.

Ma perché tutto questo non genera una reazione universale? Mauro individua tre motivi principali In primo luogo,la frammentazione dell’opinione pubblica: i cittadini non percepiscono il progetto autoritario nella sua interezza, ma lo consumano a piccole dosi, attraverso episodi isolati che i media trasformano in spettacolo. Il risultato è che l’eversione diventa intrattenimento e perde la sua carica di pericolo reale.

In secondo luogo, la dimensione globale della sfida: la nuova destra non è più un fenomeno nazionale, ma una rete transnazionale che utilizza denaro, consenso e tecnologia per ridefinire i confini stessi della politica. Mentre i difensori della democrazia discutono di temi tecnici come la separazione delle carriere, il trumpismo già sperimenta un nuovo diritto autoritario, in cui la legge si separa dalla morale. Infine, il disincanto democratico: anni di crisi e di promesse non mantenute hanno logorato la fiducia dei cittadini nella democrazia. Come ammoniva Adorno, il rischio autoritario si manifesta quando i sistemi democratici non sono più all’altezza delle proprie promesse.

Per Mauro, una risposta tradizionale non è sufficiente. La sinistra e il fronte democratico devono smettere di difendersi passivamente e tornare a contendere alla destra l’interpretazione del futuro. La vera battaglia non è solo politica, ma culturale: occorre dimostrare che la democrazia è ancora in grado di rispondere alle sfide del presente, restituendole efficienza e capacità di rappresentanza.

L’editoriale si chiude con una domanda diretta alla premier italiana Giorgia Meloni: quale posizione intende prendere di fronte alla trasformazione in atto? L’Italia resterà ancorata ai valori democratici ed europei, oppure si lascerà trascinare nel nuovo ordine illiberale?