Il pluripremiato giornalista palestinese Daoud Kuttab denuncia su Al-Jazeera la crescente violenza delle forze israeliane contro i suoi colleghi, culminata nell’attacco del 26 dicembre 2024, in cui cinque reporter sono stati uccisi a Gaza mentre si trovavano in un veicolo chiaramente contrassegnato come stampa nei pressi dell’ospedale al-Awda. Tra le vittime, Ayman al-Gedi, che si era recato al veicolo per visitare i colleghi mentre aspettava la nascita del suo primo figlio. Israele ha giustificato l’attacco affermando che i giornalisti erano "operativi travestiti" affiliati alla Jihad islamica palestinese, pur non fornendo prove di attività armate.
Secondo le convenzioni internazionali, incluso l’Articolo 79 del Protocollo Aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra, i giornalisti in zone di conflitto devono essere considerati civili e protetti, indipendentemente dal loro punto di vista o affiliazione. Tuttavia, Israele ignora sistematicamente queste norme. Negli ultimi 15 mesi, oltre 200 giornalisti palestinesi sono stati uccisi secondo il Gaza Government Media Office, con organizzazioni come Reporters Without Borders che descrivono questa situazione come un "bagno di sangue senza precedenti".
Nonostante questa realtà, i media internazionali, soprattutto occidentali, hanno spesso ripreso le dichiarazioni israeliane senza contestarle, contribuendo alla narrazione che le azioni militari di Israele siano "difensive" e conformi al diritto internazionale. La mancata solidarietà con i giornalisti palestinesi e il silenzio su queste violazioni rischiano di normalizzare tali massacri.
Un esempio emblematico è l’assassinio della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh nel 2022. Malgrado le indagini dei media occidentali abbiano confermato le responsabilità israeliane, il caso è stato archiviato come l’azione di una "mela marcia", senza alcuna conseguenza reale. Questo episodio, come altri, ha contribuito a consolidare l’impunità israeliana.
Kuttab avverte che la normalizzazione del massacro di giornalisti non minaccia solo i professionisti palestinesi, ma anche quelli internazionali. Se si permette che Israele uccida giornalisti senza conseguenze, nessuno sarà al sicuro in future zone di conflitto.
L’autore invita la comunità mediatica internazionale a rompere il silenzio e chiedere ai propri governi sanzioni dirette per i crimini di guerra commessi contro i giornalisti.
Immagine: ripresa da Terredamerica.com, che la pubblicava a fine 2014 con questo commento, purtroppo largamente superato dagli eventi successivi: "Quest’anno, il 2014, sono stati 128 i morti sul campo, distribuiti in 32 paesi. ... Il Medio Oriente è stata la regione più mortifera per la professione con 46 giornalisti assassinati, davanti all’Asia (31). L’America Latina totalizza 27 caduti, l’Africa 14, l’Europa 10.