Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Ideologia e scontro di civiltà: come i think tank conservatori modellano la visione dell’Europa nella National Security Strategy di Trump

La nuova National Security Strategy americana propone un’immagine dell’Europa come civiltà fragile, segnata da crisi demografica, tensioni identitarie e istituzioni sovranazionali considerate corrosive della sovranità. Questa lettura affonda le sue radici nella produzione di lungo periodo dei principali think tank conservatori americani — Heritage Foundation, Claremont Institute e circuito National Conservatism. Le loro analisi su declino, migrazioni e identità sono diventate la lente concettuale attraverso cui la Casa Bianca interpreta l’Europa. La NSS 2025 traduce così un immaginario culturale in dottrina strategica: un’Europa pericolosa, da riorientare a destra e rapidamente. Il gruppo dirigente della "rivoluzione americana" non sta tagliando i legami con l'Europa, sa di non potere. Ma ha bisogno che l'Europa si allinei alla sua visione per non rischiare che trascini tutti con se nel baratro della sostituzione etnica e della fine della civiltà occidentale.

Nel documento National Security Strategy (NSS) pubblicato il 5 dicembre 2025 l’Europa non è più presentata come un polo strutturale del sistema occidentale, ma come una civiltà in declino, segnata da squilibri demografici, crisi identitarie, istituzioni sovranazionali invasive e migrazioni di massa destabilizzanti. Chi si stupisce ha vissuto su un altro pianeta negli ultimi dieci anni; e chi sente solo l'eco delle parole di J. D. Vance alla Conferenza di Monaco del febbraio scorso ha scarsa memoria. La diagnosi è risalente e nasce nel pensiero dei principali think tank conservatori statunitensi, oggi centrali nel mondo intellettuale trumpiano: la Heritage Foundation, il Claremont Institute e il circuito National Conservatism

La prima matrice ideologica è quella della Heritage Foundation — culla dell'ormai noto Project 2025, inesauribile fonte di ispirazione filosofica e giuridica dell'Amministrazione — che negli anni ha sviluppato una precisa dottrina estera nazional-conservatrice. Nel 2025 la fondazione ha pubblicato un documento programmatico che propone apertamente la costruzione di un’“internazionale nazionalista”, fondata su legami culturali, difesa delle frontiere e rinascita demografica delle società occidentali. L’obiettivo dichiarato è creare una rete stabile di governi conservatori che cooperino per modellare un nuovo ordine globale favorevole agli Stati Uniti e contrario al multilateralismo liberal-progressista. Queste linee sono esposte nel rapporto Toward a Nationalist Internationalism.

Un testo precedente della stessa fondazione, dedicato alla comunità transatlantica, già suggeriva nel 2019 che la sfida cinese dovesse essere letta anche in termini identitari, non solo economici o militari, e della necessità di ricostruire i “legami profondi di civiltà” tra Europa e Stati Uniti su nuove basi, costruendo una internazionale conservatrice (“How and Why American Conservatives Must Fight for the Future of the Transatlantic Community”).

La NSS 2025 riprende esattamente questo schema, ma lo estremizza: i partner privilegiati non sono più le istituzioni europee, come qualche anno fa ancora si pensava, bensì le forze politiche nazional-conservatrici nei singoli paesi europei. Come nota bene il Financial Times, il documento invita apertamente a “coltivare la resistenza” contro l'Unione Europea, sostenendo i partiti che contestano l’integrazione sovranazionale.

Se Heritage fornisce la cornice geopolitica, il Claremont Institute (che nella sua home page onora la memoria di Charlie Kirk) offre il linguaggio antropologico che domina la sezione europea del documento strategico. Da anni Claremont pubblica analisi sul crollo demografico europeo e sulle sue implicazioni politiche. Nel saggio del 2005 “No Child Left Behind”, ad esempio, si sostiene che la denatalità non sia un fenomeno contingente ma il segnale di una crisi culturale profonda, destinata a trasformare il volto del continente.

Un contributo del 2021 — che peraltro prende spunto dal caso italiano: “Little Italy - Less populous, more populist descrive il Mediterraneo come una “frontiera di civiltà” esposta ai flussi migratori dal Sud globale e sostenuta da istituzioni europee incapaci di rispondere con coerenza strategica. È un’idea che la NSS 2025 recepisce integralmente quando parla dell’immigrazione come fattore centrale della degenerazione europea.

Il riferimento più visibile è l’influenza duratura di Christopher Caldwell, editorialista e fellow del Claremont Institute, autore del libro Reflections on the Revolution in Europe (2009). Sono circa vent'anni che Caldwell sostiene che l’immigrazione musulmana stia erodendo la struttura istituzionale e culturale europea, in modo lento ma irreversibile. Questo paradigma — immigrazione come vettore di distruzione della civiltà europea — è il cuore concettuale del capitolo europeo della NSS e riflette chiaramente la ricezione americana del “caso Europa” a partire dalle tesi di Caldwell.

Accanto a Heritage e Claremont, un terzo attore ha influito in modo evidente: il circuito National Conservatism (NatCon). Le conferenze NatCon hanno costruito negli ultimi anni un discorso coerente che ruota attorno a tre assi — nazione, famiglia, immigrazione — e sostengono che la sopravvivenza dell’Europa dipenda dalla capacità degli Stati di ripristinare la natalità e difendere la propria identità nazionale. Giorgia Meloni e il suo partito sono assidui frequentatori di queste conferenze. Nel 2020 la NatCon si tenne a Roma e Meloni, ancora ben lontana dai fasti del potere, tenne un acceso discorso in cui attaccò frontalmente l' "internazionalismo liberale" ("Non abbiamo sconfitto il comunismo per sostituirlo con un nuovo regime internazionalista ... ma per creare ... un'Europa di nazioni libere e sovrane...").

Queste idee sono state ampiamente sviluppate anche nella pubblicistica ungherese vicina al governo Orbán, come nel saggio pubblicato da Hungarian Conservative sulla sintesi dei lavori NatConUK 2023, che insisteva sull’importanza di politiche familiari aggressive come strumento di difesa culturale (The NatconUK Conference Focused on Many Policy Debates Important to Hungary").

La NSS 2025 adotta questa impostazione senza filtri: lega direttamente denatalità e vulnerabilità strategica, afferma che molti Stati europei potrebbero tra pochi decenni avere una popolazione "a maggioranza non europea” e lascia intendere che ciò potrebbe comprometterne il ruolo nella NATO. Questa trasformazione demografica viene trattata non come un fenomeno sociale, ma come una minaccia per la sopravvivenza della civiltà europea e come una questione di sicurezza americana. È un salto concettuale significativo, senza precedenti nella letteratura strategica ufficiale statunitense. E questo spiega perchè gli Stati Uniti di Trump vedono l'Europa come un pericolo. Non stanno tagliando i legami con l'Europa, sanno di non potere. Ma hanno bisogno di un'Europa che si riorienti a destra per non rischiare che li trascini con se nel baratro della sostituzione etnica e della fine della civiltà occidentale.

Un’altra componente del linguaggio NatCon recepita nella NSS è la critica diretta all’Unione europea e agli organismi sovranazionali. Il documento accusa queste istituzioni di comprimere la sovranità nazionale e di scoraggiare il dissenso politico attraverso forme di "censura" (un termine che i trumpiani usano per riferirsi a un insieme variegato: dal politically correct al wokismo, alla limitazione sui social dei "discorsi d'odio": tutte forme, per loro, di repressione della libertà di parola). E da questo punto di vista l'UE, con i suoi regolamenti e i suoi vincoli, è vista come una "centrale di censura". Questo è stato rilevato nelle prime analisi giornalistiche dedicate al documento, come quella della NPR, che sottolinea come la strategia 2025 attribuisca a Bruxelles e ad altre entità sovranazionali una forte responsabilità nella crisi politica europea (Trump's security strategy slams European allies and asserts U.S. power in the Americas).

Tutti questi elementi convergono nel ritratto dell’Europa come alleato indebolito, non per limiti militari o divergenti priorità di politica estera, ma per una crisi di civiltà. La “missione” americana, per come descritta nella NSS, diventa allora quella di favorire l’ascesa di forze politiche più allineate alla visione americana. Il sottotesto, naturalmente, è la convinzione che questa sia condivisa dalla maggioranza dei popoli europei. È ciò che spiega la critica a governi “di minoranza” in Europa che, secondo il testo, avrebbero ignorato le preferenze delle loro popolazioni. Se il riallineamento non riuscirà, allora bisognerà davvero fare in modo che l'Europa scivoli verso l’irrilevanza strategica.

Il risultato è un documento che non si limita a ridefinire gli interessi americani nel continente, ma riformula il ruolo dell’Europa nella strategia globale degli Stati Uniti. L’Europa non è più vista come uno spazio consolidato di democrazie mature, ma come una regione vulnerabile da riorientare politicamente e culturalmente. La NSS 2025 istituzionalizza così una visione dell’Europa nata nei think tank più identitari della destra americana: una visione in cui la competizione geopolitica si intreccia con una lotta per la conservazione della civiltà occidentale e in cui gli Stati Uniti si propongono come guida di una "resistenza" che passa anche per la trasformazione degli equilibri politici interni ai paesi europei.