Negli Stati Uniti ogni generazione - secondo Stephen Amidon su Domani - ha sempre percepito sé stessa come diversa dalle precedenti, ma la Gen Z rappresenta una rottura senza precedenti: per la prima volta, i giovani americani non credono più nella grandezza del loro Paese. Se negli anni Sessanta la ribellione giovanile contro il Vietnam e le ingiustizie interne era accompagnata da un’idea di fondo – l’America poteva e doveva essere all’altezza dei suoi ideali – oggi questa fiducia è scomparsa.
I giovani di oggi sono cresciuti nell’ombra di eventi traumatici come l’11 settembre, il cambiamento climatico, Black Lives Matter, la presidenza Trump e la pandemia. Non vedono più l’America come una nazione speciale che guida il mondo, ma come un sistema fallimentare, fondato su ingiustizie e crimini che non possono essere giustificati come semplici errori. Le recenti proteste, dalla violenza della polizia al conflitto israelo-palestinese, non rivendicano un ritorno ai valori originari del Paese, ma mettono in discussione la sua stessa natura.
Anche la destra giovanile, che si raduna attorno a Trump e al movimento MAGA, è segnata da un nichilismo profondo. Il loro "Make America Great Again" non si riferisce a un passato concreto, ma a un’idea negativa: un mondo senza immigrati, senza minoranze visibili, senza cultura progressista. La loro visione è altrettanto priva di speranza di quella della sinistra radicale.
Un aspetto chiave di questa trasformazione è il rapporto della Gen Z con la storia. A differenza delle generazioni precedenti, che cercavano nel passato le chiavi per cambiare il futuro, oggi i giovani americani dimostrano un’indifferenza diffusa per la loro eredità culturale. Non leggono più Steinbeck o Thoreau per comprendere l’ingiustizia, non cercano riferimenti storici per orientarsi nel presente. Vivono in un eterno qui-e-ora, un atteggiamento alimentato dalla tecnologia che ha trasformato il loro modo di pensare e relazionarsi al mondo.
Nonostante questa prospettiva cupa, la Gen Z rimane umana: prova amore, indignazione, speranza. Il futuro che costruirà è incerto e non somiglierà a quello delle generazioni precedenti. Ma forse, in un’America in declino, tagliare i ponti con il passato è l’unico modo per salvarla. Se il sistema è irrimediabilmente compromesso, abbandonare l’illusione dell’eccezionalismo americano potrebbe essere il primo passo per immaginare un nuovo inizio.