Nel suo recente editoriale per Avvenire, l’arcivescovo Bruno Forte, illustre teologo, riflette sul significato spirituale e sociale del Giubileo 2025, dedicato al tema “Pellegrini di speranza”. L’arcivescovo descrive il pellegrinaggio alla Porta Santa come un momento per riscoprire la propria fede e chiedere la guarigione delle “ferite” personali e collettive, attraverso la preghiera e l’impegno per la pace.
Papa Francesco, nel suo recente discorso al Corpo diplomatico, ha definito il Giubileo un’occasione per “rinfrancarsi e nutrirsi di ciò che è veramente essenziale”, riscoprendosi figli di Dio e fratelli. Secondo il Pontefice, il Giubileo è un invito a praticare la giustizia, perdonare le offese e sostenere i più deboli, unendo la fede alla costruzione di una società più giusta e pacifica.
Al centro del messaggio di papa Francesco c’è la “diplomazia della speranza”, un approccio che si fonda su tre pilastri: verità, perdono e impegno per la pace. La diplomazia della verità, spiega il Papa, è essenziale per ricostruire un linguaggio universale che permetta agli uomini di comprendersi. La diplomazia del perdono, invece, è necessaria per ricucire i rapporti lacerati dall’odio e dalla violenza.
Forte sottolinea come questo messaggio trovi oggi l’urgenza della sua applicazione. L’arcivescovo richiama l’attenzione sulla guerra in Ucraina, che ha causato “un enorme numero di vittime, inclusi tanti civili”, e sulla drammatica situazione a Gaza, dove il Papa invoca un immediato cessate-il-fuoco e la liberazione degli ostaggi, nella speranza che israeliani e palestinesi possano “ricostruire i ponti del dialogo e della fiducia reciproca”, progettando un futuro di convivenza pacifica in due Stati.
La diplomazia della speranza, però, non si limita alle relazioni internazionali. Essa invita tutti e ciascuno a farsi “artigiani di pace”, richiedendo un impegno personale e collettivo per trasformare le differenze politiche, culturali, etniche e religiose in una ricchezza condivisa, anziché in fonti di divisione e odio.
Il pellegrinaggio giubilare, conclude l’arcivescovo, non è solo un atto di fede, ma un’occasione per guardare al “villaggio globale” e alle sue sofferenze, trasformando le scelte del cuore in azioni concrete di solidarietà e giustizia. Il Giubileo, dunque, si apre come una porta sul futuro, una “chiamata” a rispondere alle sfide dell’oggi con l’arma della speranza.
Immagine: Il Papa parla al corpo diplomatico (fonte: Vatican Media).