L’eco non si era ancora spenta della potente iniziativa del Papa, di aprire la seconda Porta Santa nel carcere di Rebibbia, che l'Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIDDP) e l'Associazione degli Studiosi del Processo Penale (ASPP) hanno fatto sentire la loro voce sullo scandalo dei suicidi nelle carceri italiane.
Un documento diramato il 27 dicembre e firmato dai presidenti delle due associazioni, rispettivamente i professori Gian Luigi Gatta e Adolfo Scalfati, denuncia con forza il record registrato nel 2024. Citando il rapporto del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, il documento evidenzia che al 20 dicembre si contano 83 suicidi, 17 in più rispetto al 2023, con una media di quattro suicidi al mese. A questi si aggiungono oltre 2.000 tentati suicidi e circa 12.500 episodi di autolesionismo, evidenziando una situazione drammatica e in continuo peggioramento.
“Se è vero che il livello di civiltà di un Paese si misura anche dalle condizioni delle sue carceri e dal trattamento riservato ai detenuti,” sostengono i penalisti, “i dati sui suicidi e sugli atti di autolesionismo negli istituti penitenziari devono indurre tutti a una seria riflessione.”
Il sovraffollamento carcerario, con oltre 10.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, rappresenta una delle cause principali della crisi. Le condizioni di vita in carcere sono spesso incompatibili con i diritti fondamentali, come già sancito dalla condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza Torreggiani). Nonostante alcune riforme abbiano evitato il collasso del sistema, il problema resta irrisolto: ai 62.000 detenuti attuali si sommano circa 95.000 persone sottoposte a misure alternative e oltre 90.000 condannati in attesa di decisioni definitive. In totale, il sistema penale coinvolge la cifra esorbitante di circa 300.000 persone, con risorse umane e materiali insufficienti per affrontare una crisi così vasta.
I dati sui suicidi nelle carceri italiane sottolineano inoltre l’urgenza di interventi normativi e amministrativi per migliorare l’esecuzione penale, ridurre il sovraffollamento e garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti, con particolare attenzione all’assistenza medica, psichiatrica e psicologica. Il 77% dei suicidi si verifica in sezioni chiuse, evidenziando la gravità del problema. Serve una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni e adeguati investimenti pubblici per migliorare le condizioni dei penitenziari e degli uffici di sorveglianza, spesso in crisi strutturale.
Nè va dimenticato il ruolo cruciale del personale penitenziario, che affronta quotidianamente situazioni di estremo disagio. Nel 2024 si sono registrati anche sette suicidi tra gli agenti della polizia penitenziaria, a conferma della gravità della situazione.
“Il Paese ha l'urgenza di adoperarsi per rendere l'esecuzione della pena non solo efficiente ed efficace sul piano della prevenzione, ma anche e non secondariamente compatibile con il suo volto costituzionale, improntato ai principi di umanità, finalismo rieducativo ed extrema ratio della detenzione”.
Introdurre nuovi reati e inasprire le pene senza adeguate risorse per gestire il sistema, osservano ancora i penalisti, “sarà privo di conseguenze sul piano dell'effettività dei principi su cui si fonda il nostro sistema giuridico e finanche sotto il profilo della mera deterrenza”. Occorre rafforzare i servizi di esecuzione penale esterna (UIEPE) e ridurre il numero dei detenuti in attesa di giudizio, che peggiorano gravemente il problema dell’affollamento penitenziario (oltre il 40% dei suicidi riguarda detenuti in attesa di processo).
“In linea con la tradizione dell'Illuminismo italiano, che ricordiamo nel 260° anniversario della pubblicazione della seminale opera 'Dei Delitti e delle pene' di Cesare Beccaria, la sensibilità verso l'umanizzazione della pena rappresenta un tratto distintivo del nostro impegno di giuristi.”
In conclusione il documento dei penalisti avverte che senza un cambio di rotta con interventi concreti il 2025 segnerà, con ogni probabilità, “un altro triste record, di cui il Paese non potrà che vergognarsi.” Per scongiurare questo esito, le Associazioni firmatarie si dichiarano pronte a collaborare, offrendo il proprio contributo “di coscienza, conoscenza ed esperienza”.