Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Trump e la comunicazione del caos: come resistere alla sua strategia mediatica

Donald Trump domina il discorso pubblico con una comunicazione caotica e provocatoria, volta a destabilizzare l'opinione pubblica e normalizzare l’angoscia. Il professor Mario Morcellini analizza il fenomeno, evidenziando come il presidente Usa sfrutti le debolezze della comunicazione per manipolare la percezione collettiva. La soluzione? Evitare di cadere nella sua “bolla” comunicativa e preservare una riflessione articolata, lontana dal rumore mediatico.

Donald Trump continua a sconvolgere il panorama politico e mediatico con la sua comunicazione aggressiva e imprevedibile. Il suo linguaggio violento e provocatorio, - scrive Diego Motta sull' Avvenire -  il tono perennemente sopra le righe e la continua ricerca di attenzione creano un clima di confusione e polarizzazione, in cui l'angoscia diventa una condizione normalizzata.

Il professor Mario Morcellini, Professore emerito di Comunicazione e processi culturali presso la Sapienza, esperto di comunicazione, analizza questo fenomeno e mette in guardia dai pericoli di una strategia mediatica fondata sull’eccesso e sulla manipolazione emotiva.  

Secondo Morcellini, Trump non cerca di adattarsi al ruolo istituzionale che gli è stato affidato dagli elettori per il suo secondo mandato. Al contrario, il presidente moltiplica il proprio istinto provocatorio per scuotersi di dosso il peso dell’incarico. La sua comunicazione è caratterizzata da continui annunci sensazionali, smentite che generano nuove notizie e dichiarazioni sempre più sorprendenti, che alimentano un vortice mediatico senza precedenti. Il risultato è una saturazione comunicativa che esaspera il dibattito pubblico e rafforza la polarizzazione tra sostenitori e oppositori.  

L’effetto di questa sovraesposizione è duplice: da un lato, chi segue il dibattito si trova costantemente sotto pressione, costretto a confrontarsi con un flusso incessante di provocazioni; dall’altro, chi sceglie di disinteressarsi alla politica finisce per subire passivamente la propaganda trumpiana, che fa leva sulle emozioni piuttosto che sui fatti. Trump non si preoccupa della verità, ma della narrazione: il suo obiettivo è controllare il contesto in cui le sue dichiarazioni vengono interpretate, sfruttando le debolezze della comunicazione contemporanea.  

Un esempio emblematico di questa strategia è il suo recente incontro con Keir Starmer (Primo ministro del Regno Unito), durante il quale ha finto incredulità quando gli è stato ricordato di aver definito Zelensky un dittatore. La sua reazione, tra il sornione e lo sprezzante, dimostra come Trump giochi continuamente con la realtà, alternando affermazioni e smentite per mantenere alta l’attenzione.  

Morcellini avverte che questa strategia sta causando una regressione morale e una frammentazione delle certezze collettive. La comunicazione politica, ormai, è diventata un’arma più che uno strumento di dibattito. Il rischio è quello di una società sempre più anestetizzata dall’eccesso di stimoli e incapace di distinguere tra informazione e manipolazione.  

Come resistere a questa deriva? La chiave, secondo Morcellini, è rifiutare il linguaggio urlato e semplificato, opponendo alla propaganda una comunicazione più complessa e ragionata. Non farsi coinvolgere nel gioco perverso dell’indignazione istantanea, ma riscoprire il valore del pensiero articolato. Solo chi saprà mantenere uno sguardo critico e indipendente potrà sfuggire alla trappola della comunicazione tossica.  

Per l’Europa e per l’Occidente, la sfida è chiara: non cedere alla logica del caos, ma coltivare una visione capace di restituire senso e profondità al discorso pubblico.

 

Foto: Trump davanti alla casa bianca.  Credit Official White House, photo by Joyce N. Borghosian