Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Niente è meglio della pace: il Papa chiama alla fraternità e alla fine delle guerre inutili

In un’udienza generale dedicata alla fine della Prima Guerra Mondiale e al tema della fraternità, Papa Leone XIV denuncia le «guerre inutili», l’odio e le divisioni che ancora travagliano l’umanità. Invita a riscoprire la pace come dono e vocazione, non come utopia, e sottolinea che l’altro è sempre un fratello, richiamando il Vangelo e l’esempio di san Francesco d’Assisi.

Durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV - scrive l'Avvenire - ha tratto spunto dal centenario della conclusione della Prima Guerra Mondiale per proporre una meditazione profonda sulla pace, la fraternità e il rifiuto dell’odio e della violenza. L’articolo su Avvenire riprende il suo intervento, sostenendo che gli orrori del passato - “l’inutile strage” della Grande Guerra -  restano monito per il presente. 

Il Papa ha innanzitutto ricordato come la pace non sia un bene scontato, né una semplice condizione di assenza di conflitto: richiede cura, radicamento nel Vangelo e disponibilità a costruire relazioni autentiche. «Siamo grati a Dio per il dono della pace, della quale - come affermava sant’Agostino - “nessuna cosa è assolutamente migliore”».  Richiamando il predecessore Benedetto XV, ha indicato che “guerre inutili, odio, prepotenze” continuano ad affliggere l’umanità, rendendo la fraternità una sfida attuale. 

Una delle tesi centrali del discorso è che la fraternità - intesa come capacità di riconoscere l’altro non come nemico, ma come «fratello o sorella» - rappresenta un trait d’union essenziale del cristianesimo. Il Papa ha osservato che la parola “fratello” ha radici antiche: implica prendersi cura, sostenere, dare sostegno. Se invece ci chiudiamo in noi stessi, in un narcisismo che vede l’altro solo come mezzo, si rischia di cadere nella solitudine e nell’odio. 

Richiamandosi a san Francesco d’Assisi, che saluta tutti con “omnes fratres”, il Papa ha proposto una fraternità davvero universale - che trascenda identità religiose, culturali e nazionali. Questa fraternità, aggiunge, nasce da un dato profondamente umano: «siamo capaci di relazione e, se lo vogliamo, sappiamo costruire legami autentici tra di noi». 

Nel discorso non manca l’appello concreto: non basta denunciare le guerre o partecipare a cerimonie, ma servono atti di pace concreti, solidarietà operosa e una scelta deliberata di relazione con l’altro. «Fratelli e sorelle che si sostengono a vicenda nelle prove, non voltano le spalle a chi è nel bisogno: piangono e gioiscono insieme nella prospettiva operosa dell’unità, della fiducia, dell’affidamento reciproco».

Il Papa ha inoltre riconosciuto l’attualità del tema della pace in un mondo segnato da conflitti sparsi, tensioni sociali e una cultura dell’odio sempre più facile. «Molti conflitti, tante guerre sparse nel mondo, tensioni sociali e sentimenti di odio sembrerebbero dimostrare il contrario».  Tuttavia, ha affermato, questo non può essere motivo di rassegnazione: piuttosto, l’occasione per riscoprire che «niente è meglio della pace».

Il discorso ha anche un richiamo morale alla responsabilità personale e collettiva: chiunque - individuo, comunità, Stato - è chiamato a promuovere la pace, accogliere, donarsi, costruire. Non si tratta solo di evitare la guerra, ma di costruire un vivere insieme fondato sulla dignità, sull’amore, sul rispetto reciproco. Richiamando la quotidianità dell’umano, il Papa ha detto che “la nostra umanità si compie al meglio quando siamo e viviamo insieme”. 

In conclusione, Papa Leone XIV ha puntato l’attenzione sul significato profondo dell’altro: «È sempre un fratello», ha ribadito, anche quando è diverso da noi, anche quando viene da lontano, anche quando le sue origini ci sembrano estranee. Questa consapevolezza - ha sottolineato - è la premessa di ogni costruzione di pace autentica. La pace non è solo assenza di ostilità, ma presenza di fraternità, di relazioni giuste, di comunità che accolgono, di cuori che non chiudono. L’appello finale è alla decisione: scegliere la pace, promuoverla, custodirla ogni giorno.

In un tempo in cui la guerra sembra tornare a essere “normale”, questa voce ecclesiale ricorda che la pace, invece, va coltivata, difesa, promossa. E che “niente è meglio della pace”.