Negli ultimi giorni, si è acceso un dibattito sull’equilibrio dei poteri negli Stati Uniti dopo che diversi giudici federali hanno bloccato o sospeso azioni esecutive dell’amministrazione Trump. Lo racconta bene Peter Wade su Rolling Stone. Il vicepresidente J.D. Vance ha dichiarato su X che i giudici non possono interferire con il potere esecutivo: “Se un giudice cercasse di dire a un generale come condurre un’operazione militare, sarebbe illegale. Se un giudice tentasse di comandare il procuratore generale, sarebbe altrettanto illegale. I giudici non possono controllare il potere legittimo dell’esecutivo.”
Vance ha rilanciato un post di Adrian Vermeule – un professore di diritto costituzionale ad Harvard che si professa sostenitore dell’ “integralismo cattolico” – secondo cui “l’interferenza giudiziaria con atti legittimi dello Stato, specialmente nelle funzioni interne di un altro ramo del governo, viola la separazione dei poteri.” Anche Elon Musk, alla guida del cosiddetto Department of Government Efficiency (DOGE) incaricato di riformare le agenzie federali, ha lasciato intendere che sfiderà i tribunali.
Dall’altro lato, il deputato democratico Daniel Goldman ha replicato a Vance ricordando che “il nostro sistema costituzionale prevede tre poteri separati per garantire controlli ed equilibri reciproci. La magistratura assicura che l’esecutivo rispetti la legge.” L’ex deputata repubblicana Liz Cheney ha ribadito che l’unico strumento disponibile contro sentenze sfavorevoli è il ricorso in appello, aggiungendo che rifiutarsi di accettare le regole democratiche equivale a “tirannia.”
Nel frattempo, riporta Wade, i tribunali hanno emesso una serie di sentenze contro decisioni dell’amministrazione Trump. Un giudice federale ha temporaneamente bloccato l’accesso di Musk e del DOGE a dati riservati del Dipartimento del Tesoro, ordinando la distruzione immediata di qualsiasi informazione già ottenuta. Un altro giudice ha sospeso il licenziamento di 2.000 dipendenti dell’USAID, ordinandone la reintegrazione almeno fino al 14 febbraio, in attesa di ulteriori valutazioni legali.
Immagine: illustrazione di Emily Scherer per POLITICO su fotografie di Getty Images, iStock
Uno dei provvedimenti più controversi è stato il tentativo di Trump di porre fine alla cittadinanza per nascita, dichiarato “manifestamente incostituzionale” da un giudice federale nominato da Reagan, il quale ha affermato che la questione giuridica era così chiara da rendere incomprensibile la posizione dell’amministrazione. L’American Civil Liberties Union e diversi stati hanno avviato ulteriori cause contro l’ordine esecutivo.
Infine, un tribunale ha sospeso il blocco di miliardi di dollari in aiuti federali imposto dall’amministrazione Trump, in risposta a ricorsi presentati da organizzazioni non profit e da 22 stati democratici. Il governo ha successivamente ritirato la direttiva dell’Office of Management and Budget che prevedeva il congelamento dei fondi.
La serie di interventi giudiziari evidenzia il conflitto crescente tra l’amministrazione Trump e il potere giudiziario, alimentando il dibattito sul ruolo della magistratura nel limitare l’azione dell’esecutivo.