L’articolo di Letizia Pezzali, pubblicato su Domani, analizza la proposta provocatoria di Donald Trump di trasformare Gaza in una “Riviera del Medio Oriente”, con grattacieli e resort, trasferendo però altrove la popolazione palestinese. Presentata durante una conferenza stampa con Benjamin Netanyahu, questa proposta è stata ampiamente condannata a livello globale, con Amnesty International che l’ha definita una forma di “distruzione di un popolo”. Anche paesi come Arabia Saudita, Turchia, Francia e Cina hanno respinto l’idea, denunciando la prospettiva di spopolare Gaza per servire esclusivamente interessi economici. Tuttavia, l’autrice evidenzia come questa visione non sia solo un’estremizzazione trumpiana, ma il riflesso di una mentalità diffusa nella società occidentale.
La logica economica che normalizza l’assurdo
Pezzali sottolinea come l’idea di Gaza come opportunità immobiliare, sebbene alienante e spaventosa, non sia completamente estranea alla cultura occidentale. La nostra società è sempre più basata sulla convinzione che ogni crisi possa essere riconfigurata come un’opportunità economica. Non si cerca più la giustizia o la riconciliazione storica, ma la crescita e la monetizzazione. L’autrice critica questa mentalità evidenziando situazioni simili, come la gentrificazione di quartieri storici, dove comunità vengono spostate per fare spazio a progetti commerciali o turistici. La proposta di Trump sfrutta questo schema, accostando la razionalità di una pianificazione economica a idee estreme come la deportazione o la pulizia etnica, rendendole più accettabili agli occhi del pubblico.
L’ossessione per l’ordine e la semplificazione
Un altro elemento chiave della critica di Pezzali è l’attrazione per soluzioni nette e immediate, incarnata dall’idea di “cancellare tutto e ripartire dal mattone”. Gaza, vista come un luogo di sofferenza e disperazione, viene trasformata nella visione di Trump in uno spazio da “ripulire” e riorganizzare secondo criteri visivi rassicuranti e funzionali. Questo approccio, definito “l’ordine del mattone”, riflette un impulso culturale che privilegia interventi rapidi e tangibili rispetto a processi complessi come il riconoscimento dei diritti o la giustizia storica. Trump, in questa narrazione, si presenta come un influencer che propone di risolvere problemi profondi con soluzioni semplicistiche ed estetiche.
La politica come estensione degli affari
L’autrice osserva inoltre come Trump utilizzi la retorica del “palazzinaro”, trasformando la politica in un’estensione del linguaggio aziendale. Questo approccio riflette una cultura pubblica che ha interiorizzato concetti come efficienza, competitività e “governi snelli”. Problemi sociali complessi vengono così ridotti a questioni da affrontare con “soluzioni pragmatiche” che ignorano le implicazioni umanitarie.
Pezzali conclude che Trump non rappresenta un’anomalia, ma un’esasperazione di tendenze già presenti nella società occidentale. La sua proposta estremizza logiche economiche e politiche accettate, portandole all’estremo. È dunque il prodotto di una cultura che ha normalizzato pratiche come la mercificazione delle crisi e l’uso di soluzioni rapide a scapito della complessità. Questa visione, avverte l’autrice, potrebbe aprire la strada a future estremizzazioni, rafforzando dinamiche autoritarie e disumanizzanti.
Immagine: murale di Salvatore Benintende (Tvboy). Foto di Renato Chirico.