Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Quei diritti umani in bilico tra civiltà e barbarie

ONU Diritti Umani
Con la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948), il panorama dei diritti fondamentali ha subito una svolta storica. Da rivendicazioni interne agli Stati, come quelle sancite dal Bill of Rights inglese o dalla Dichiarazione francese del 1789, i diritti umani sono diventati una questione internazionale, portando la comunità globale a riconoscerne la violazione come un problema collettivo. Ciò significa che la loro protezione implica una limitazione della sovranità statale. Per questo oggi il nazionalismo e la crisi del multilateralismo, erodendo la fiducia nei meccanismi internazionali, minacciano “il processo di civilizzazione" apertosi nel 1948.

La Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 ha affermato un principio rivoluzionario: la protezione dei diritti fondamentali è un interesse della comunità internazionale e non un affare esclusivamente interno agli Stati. Partendo da questa considerazione Vladimiro Zagrebelsky ripercorre su La Stampa l’evoluzione e le contraddizioni di questa conquista, sottolineando come il riconoscimento universale dei diritti abbia segnato un punto di svolta nella storia politica e giuridica globale, pur rimanendo vulnerabile alle derive nazionaliste e alle crisi del diritto internazionale.

L’autore inizia richiamando il contesto storico in cui sono nati i primi documenti sui diritti fondamentali, come il Bill of Rights inglese del 1689 e la Dichiarazione francese del 1789. Sebbene questi testi proclamassero diritti apparentemente universali, essi rimanevano limitati al contesto nazionale: si parlava dei “diritti degli inglesi” o del “citoyen” francese. Fu necessario attendere le tragedie delle guerre mondiali per comprendere che la violazione dei diritti umani richiedeva una risposta collettiva e sovranazionale. La Dichiarazione del 1948 non solo sancì questa consapevolezza, ma evidenziò anche il nesso profondo tra pace e tutela dei diritti umani: “La loro violazione porta alla guerra, e la pace favorisce il loro sviluppo”.

Zagrebelsky prosegue esplorando il legame tra la protezione dei diritti e la limitazione della sovranità statale. Con l’adozione di convenzioni internazionali contro il genocidio, la tortura e i trattamenti inumani, si è affermato un principio radicale: le frontiere non possono essere una barriera al giudizio della comunità internazionale. Questo “rivolgimento culturale e giuridico”, per quanto incompleto nelle sue applicazioni concrete, ha stabilito un ideale di giustizia universale che continua a ispirare legislazioni nazionali e istituzioni sovranazionali, come la Corte europea dei diritti umani e la Corte penale internazionale.

Su questo sfondo l’autore analizza poi le difficoltà del momento presente. Il nazionalismo crescente e la crisi del multilateralismo stanno erodendo la fiducia nei meccanismi internazionali. Zagrebelsky cita esempi emblematici, come il rifiuto di Israele, Russia e Stati Uniti di accettare le decisioni delle Corti internazionali, e avverte che “il processo di civilizzazione aperto dalla Dichiarazione del 1948” rischia di essere minacciato. Nonostante ciò, l’autore distingue tra due condizioni fondamentali: “Non è la stessa cosa se un diritto non esiste o se il diritto è riconosciuto ma violato, anche impunemente”.

La difesa dei diritti, afferma Zagrebelsky, è una lotta di lungo periodo che richiede determinazione e speranza. La consapevolezza della legittimità di queste rivendicazioni offre una base per il cambiamento, contrastando la “barbarie” che spesso si maschera da realismo politico. Il messaggio finale è un invito alla responsabilità: solo attraverso la resistenza collettiva e il rifiuto della rassegnazione sarà possibile mantenere viva la promessa di pace e dignità universale inscritta nella Dichiarazione del 1948.


Immagine: Rappresentanti delle Nazioni Unite da tutte le regioni del mondo, riuniti a Parigi, adottano formalmente la Dichiarazione Universale per i Diritti Umani il 10 Dicembre 1948 (fonte: UN Photo).