Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Verso una spirale di violenza e insicurezza globale

L'intellettuale cattolico Raniero La Valle analizza criticamente il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, ponendo l’accento su alcune scelte narrative che avrebbero distorto o omesso aspetti cruciali del contesto politico e geopolitico attuale.

Nell'articolo pubblicato sul "Fatto" del 3 gennaio 2025, Raniero La Valle critica le scelte narrative del discorso presidenziale di fine anno.

In particolare, l’aumento delle spese militari italiane, giustificato nel discorso di Sergio Mattarella come un dovere di "difesa" contro l’aggressione russa in Ucraina,  non è per nulla una scelta obbligata. La cifra di 2,443 miliardi di dollari stanziati per gli armamenti non trova una corrispondenza razionale con le necessità di difesa nazionale. Secondo La Valle, questa narrativa, ammantata di patriottismo e allineata alla visione occidentale, serve a coprire dinamiche più complesse. La corsa agli armamenti non solo non previene i conflitti, ma spesso contribuisce a esacerbarli, alimentando una spirale di violenza e insicurezza globale. La Valle ironizza sul fatto che, se davvero questo investimento servisse a fermare la guerra, sarebbe un sollievo. Ma questa idea è ingenua, se non illusoria.

Un altro aspetto criticabile del discorso presidenziale riguarda la selettività con cui alcune tragedie internazionali sono state affrontate. Ad esempio, il riferimento alla bambina morta di freddo a Gaza è stato accompagnato da una condanna esplicita quanto generica dei bombardamenti russi sull’Ucraina, ignorando invece il ruolo dell'occupazione israeliana e della crisi palestinese nel generare situazioni di sofferenza analoga. Questa selezione parziale delle informazioni, secondo l'autore, crea un "mosaico incompleto" della realtà geopolitica, che penalizza una comprensione equilibrata.

L’articolo prosegue criticando le logiche politiche e mediatiche dell’Occidente, e in particolare dell’Italia, per aver sistematicamente ignorato un modello di pacificazione fondato sul dialogo diplomatico e sulla responsabilità reciproca, in favore di uno incentrato sui rapporti di forza e la deterrenza militare.

Abbandonare la logica della potenza per adottare un’autentica visione di pace richiederebbe un radicale ripensamento delle priorità nazionali e internazionali, mettendo al centro i diritti e le aspirazioni collettive, piuttosto che gli interessi di una ristretta élite economica e politica.