In un intervento su “Chiesa e democrazia" pronunciato all’istituto Luigi Sturzo di Roma, e pubblicato in anteprima su la Repubblica, Matteo Maria Zuppi affronta Il tema di come la democrazia abbia attraversato il magistero dei papi, trovandovi una posizione centrale a partire dal radiomessaggio di Pio XII del Natale 1944. In un contesto di distruzione globale durante la Seconda guerra mondiale, Pio XII descriveva la democrazia come il sistema politico più adatto a garantire pace e giustizia. La sua preferenza per la democrazia segnava una svolta storica nel magistero della Chiesa, contrapponendosi ai regimi totalitari del fascismo e del nazismo, responsabili del conflitto. Secondo il Papa, la mancanza di controllo sui poteri pubblici aveva condotto il mondo alla catastrofe, e solo una "tendenza democratica" poteva offrire le garanzie necessarie per evitare future guerre. Pio XII affermava che "occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie" per evitare nuove tragedie.
Sono parole terribilmente attuali. Il mondo è oggi nuovamente dominato dalla guerra come non accadeva dal 1945. Anzi. La guerra appare oggi la “normalità”. E, oggi come allora, sostiene Zuppi, la guerra rende urgente un sistema politico che eviti scelte delle élite disancorate dalla volontà popolare: bisogna che le classi dirigenti ascoltino i loro popoli. Ecco perché la democrazia è diventato un problema di “somma importanza (...) per il pacifico progresso della famiglia umana”. Questa visione ha ispirato i cattolici del dopoguerra e influenzato documenti fondamentali come il ‘Codice di Camaldoli’ e, naturalmente, la Costituzione italiana.
Dal 1944 il tema della democrazia è tornato più volte nel magistero dei Papi, che l’hanno considerata non solo un sistema istituzionale, ma anche un metodo per “limitare il potere” e garantire la partecipazione attiva dei cittadini, come sottolineato nel documento conciliare Gaudium et Spes. Giovanni XXIII, nel suo magistero, collegava la democrazia alla promozione dei diritti universali e all'uguaglianza di genere, ritenendo che "ogni persona ha diritto alla partecipazione e alla dignità, senza esclusioni". Paolo VI, dal canto suo, ha sottolineato come il Vangelo non solo incoraggi la democrazia, ma ne sostenga i principi fondamentali. Ha reinterpretato la famosa frase di San Paolo sull'origine divina dell'autorità, affermando che "il potere è limitato dai diritti della coscienza e dall'ordine naturale voluto da Dio". Giovanni Paolo II, nel contesto della caduta del comunismo, ha dedicato un'ampia riflessione alla democrazia nell'enciclica Centesimus Annus, presentandola come un sistema capace di rispettare la dignità umana e promuovere il bene comune. Egli affermava che "la democrazia è possibile solo quando poggia su un chiaro riconoscimento della dignità della persona". Benedetto XVI a sua volta ha definito la democrazia "l'ordinamento politico più adeguato", sottolineando l'importanza della partecipazione e della collaborazione nella formazione delle leggi.
Papa Francesco eredita questa tradizione ma si confronta con una sfida inedita: la crisi della democrazia. Già nel 2011, come arcivescovo di Buenos Aires, descriveva fenomeni di "democrazia a bassa intensità" e di un "divorzio tra governanti e popolo". Da Papa, ha continuato a denunciare questa crisi, attribuendo molte delle sue cause alla globalizzazione, che ha indebolito i corpi intermedi e svuotato il sistema democratico del suo pluralismo sociale e culturale. Francesco evidenzia che "la globalizzazione colpisce la vitalità del sistema democratico depotenziando il ricco contrasto, fecondo e costruttivo, delle organizzazioni e dei partiti politici tra di loro”.
Secondo Francesco, questa crisi non riguarda solo la perdita di solidarietà, ma anche una frammentazione sociale che ostacola la costruzione di un progetto condiviso. Nella sua enciclica Fratelli Tutti, il Papa sottolinea che "la società è più della mera somma degli individui" e invita a riscoprire il senso di popolo come "un progetto comune che supera le differenze e guarda al bene collettivo". Questo non significa idealizzare il popolo, ma riconoscere che la costruzione di una comunità inclusiva e solidale è un processo lento e impegnativo, che richiede apertura, dialogo e un senso di responsabilità verso le generazioni future.
Francesco, continua Zuppi, collega la crisi della democrazia a una crisi più ampia della cultura contemporanea, caratterizzata dalla "decostruzione" delle relazioni sociali e dalla crescente disuguaglianza economica. Denuncia che la globalizzazione ha prodotto effetti problematici come l'indebolimento dei corpi intermedi e la concentrazione del potere in poche mani. Per affrontare questa crisi, il Papa invita a "ricostruire il legame tra governanti e cittadini", rafforzando i corpi intermedi e promuovendo una cultura dell'incontro.
Infine, Francesco propone una visione della democrazia che va oltre le sue funzioni istituzionali, vedendola come un progetto morale e sociale. Egli afferma: "Mantenere viva la realtà delle democrazie è la sfida che oggi la storia ci pone". Per lui, la democrazia deve essere radicata in valori come la solidarietà, il rispetto per la dignità umana e la giustizia. Solo attraverso una partecipazione attiva e un impegno comune è possibile affrontare le grandi sfide globali, come la pace, l'ecologia e la lotta alle disuguaglianze.
In sintesi, la democrazia, secondo il magistero della Chiesa, non è solo un sistema di governo, ma un processo continuo di costruzione di una società giusta e solidale e uno strumento di pace e progresso per l'intera famiglia umana.
Immagine: Copertina di Radio Vaticana per lo speciale "Papale papale - Democrazia" (a questo link si puo' ascoltare il radiomessaggio natalizio di Pio XII, 24 dicembre 1944)