Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Cosa sta cambiando nel modo in cui gli Stati Uniti pianificano le guerre

planning war
Raphael S. Cohen, direttore dello Strategy and Doctrine Program presso la Rand Corporation, spiega su Foreign Policy il cambio di paradigma nel panorama geopolitico globale. Nonostante le pretese di disengagement della retorica “America First”, il rischio che alcuni conflitti regionali si trasformino in una crisi globale è altissimo. Affrontarlo richiederà un’espansione significativa delle capacità militari americane e una più robusta concertazione con gli alleati europei.

Da un lato, scrive Raphael Cohen, truppe nordcoreane sono apparse nel conflitto russo-ucraino; dall’altro, la marina danese ha bloccato una nave cinese sospettata di aver deliberatamente tagliato cavi dati nel Mar Baltico. Questi eventi segnano il consolidamento di un’alleanza strategica tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord, minando decenni di pianificazione strategica americana e aprendo una nuova fase di sfida alla sicurezza globale.

Un’alleanza emergente
La collaborazione tra questi paesi non è nuova, ma i recenti sviluppi segnano un passaggio qualitativo: non si tratta più solo di supporto economico o forniture militari (come droni iraniani o proiettili nordcoreani alla Russia), ma di interventi diretti nei conflitti. L’alleanza è cementata da vantaggi reciproci: la Cina ottiene accesso a risorse strategiche e militari, la Russia riceve un sostegno economico e logistico, mentre Iran e Corea del Nord guadagnano appoggio diplomatico e tecnologia bellica. L'accordo di difesa reciproca tra Russia e Corea del Nord e il crescente coinvolgimento cinese nel teatro europeo mostrano che questi attori non temono di sfidare apertamente gli Stati Uniti, anche in contesti regionali lontani.

L’eredità della strategia americana
La strategia di difesa statunitense, storicamente, si è basata sulla capacità di affrontare due guerre simultaneamente, come avvenuto nella Seconda Guerra Mondiale: una nel Pacifico contro l’Impero giapponese e una in Europa contro la Germania nazista. Questo approccio è stato mantenuto durante la Guerra Fredda per contenere il comunismo, ma negli ultimi decenni è stato gradualmente ridimensionato. Le difficoltà nel sostenere guerre prolungate in Iraq e Afghanistan hanno evidenziato i limiti logistici e strategici di un modello basato su due fronti.

Con l’ascesa della potenza militare cinese e l’eredità delle campagne contro il terrorismo globale, le amministrazioni americane hanno adottato una visione più limitata. La strategia del 2011 dell’amministrazione Obama ha introdotto il concetto di “una guerra e mezzo”, prevedendo la capacità di vincere un conflitto e contenerne un secondo. Le strategie successive, fino a quelle del 2018 e del 2022, si sono ulteriormente concentrate sulla gestione di un solo conflitto alla volta, relegando le altre sfide a un livello di deterrenza senza intervento diretto.

Un modello obsoleto
Le recenti azioni di Cina e Corea del Nord dimostrano i limiti di questa impostazione. La crescente cooperazione tra gli avversari degli Stati Uniti aumenta il rischio che un conflitto regionale si trasformi in una crisi globale. Le alleanze tra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord rendono obsoleti i presupposti strategici americani, obbligando il Pentagono a rivedere i propri piani.

La sfida dell’interconnessione globale
La necessità di difendere i propri interessi globali spinge gli Stati Uniti a confrontarsi con una realtà complessa. Nonostante i tentativi delle amministrazioni Obama, Trump e Biden di ridurre l’impegno militare in Medio Oriente, gli Stati Uniti sono stati costretti a intervenire ripetutamente per contenere l’ISIS, arginare l’Iran o proteggere Israele. In Europa, l’interconnessione economica e politica con gli Stati Uniti è ancora più profonda: il commercio bilaterale rappresenta quasi il 30% del commercio globale di beni e servizi e il 43% del PIL mondiale. Ciò rende impossibile per Washington ignorare le minacce alla sicurezza europea, nonostante la volontà di concentrarsi sull’Indo-Pacifico.

Un impegno finanziario e strategico
Affrontare l’asse Cina-Russia-Iran-Corea del Nord richiederà un’espansione significativa delle capacità militari americane. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti spendevano circa il doppio, in termini di percentuale del PIL, rispetto a oggi per la difesa. Questo confronto evidenzia quanto l’impegno attuale sia limitato rispetto alle sfide di allora. Se, come affermano i documenti strategici americani, il contesto attuale è il più pericoloso dalla Seconda Guerra Mondiale, sarà necessario un impegno finanziario proporzionale.

Il ruolo degli alleati
Un approccio multiteatro non può prescindere dal coinvolgimento degli alleati. Sebbene gli Stati Uniti abbiano promosso politiche di "America First", affrontare sfide globali sarà più efficace ed economico con una rete di alleati disposti a condividere oneri e risorse. Ciò implica che, per essere davvero efficaci, gli alleati divengano contributori attivi alla sicurezza globale, aumentando i propri investimenti nella difesa.

Considerazioni finali
Con l’arrivo di una nuova amministrazione a gennaio, c’è l’opportunità di rivedere le assunzioni strategiche americane. È necessario riconoscere che gli Stati Uniti non possono ignorare le sfide poste dall’asse Cina-Russia-Iran-Corea del Nord. Questo blocco rappresenta una sfida strutturale e duratura, e affrontarlo richiederà un cambiamento significativo nelle priorità strategiche. Pianificare per un contesto multiregionale non è più un’opzione ma una necessità: la sicurezza globale dipenderà da un’azione concertata, sostenuta da investimenti consistenti e da una cooperazione rafforzata con gli alleati.

Immagine: U.S. Naval Institute