L’economista Paolo Ricci intrviene sul Corriere del Mezzogiorno, con una acuta riflessione sulle “esternazioni” di Elon Musk. L’imprenditore-picconatore, secondo Ricci, ha deciso che
“oramai non vale più la pena che il potere economico-finanziario influenzi e condizioni indirettamente la scena, soffiando sull’indifferentismo popolare e sull’omologazione consumistica. E che è giunto il tempo di intervenire su ogni tema, nazionale o internazionale che sia.”
Ricci descrive come il tardo capitalismo, quello che Mark Fisher chiama "realismo capitalista", stia entrando in una fase critica che potrebbe mettere a rischio le democrazie. Questo sistema sfrutta le paure e le “fragilità culturali” delle classi popolari, alimentando una propaganda continua che destabilizza la politica e rende sempre più polarizzato “il governo economico della cosa pubblica”.
Le radici di questo sviluppo, spiega Ricci, risalgono alla crisi finanziaria del 2008, che ha segnato un punto di svolta. Da un lato, ha messo in luce il fallimento del neoliberismo, costringendo a riconoscere il ruolo insostituibile dello Stato come garante della stabilità economica. Dall'altro lato, ha spinto il potere economico a reinventarsi per sopravvivere, cercando una "nuova egemonia" capace di superare i giudizi devastanti che avevano seguito il crollo.
È in questa ricerca di protezione e controllo che il capitalismo finanziario ha adottato un modello "tecno-social", sfruttando la potenza dei social media per accedere direttamente al "cuore” delle dinamiche pubbliche – o, come dice Ricci – a conquistare “lo spazio della decisione e del dibattito pubblico.”
Musk, in questo contesto, emerge come simbolo di questa trasformazione: una figura capace di incarnare la nuova strategia del capitale. Le sue esternazioni, apparentemente individuali e indipendenti, si inseriscono in un disegno più ampio: quello di polarizzare il dibattito pubblico e ridurre le possibilità di una critica collettiva e organizzata.
La polarizzazione è l'arma chiave. Da un lato, amplifica le pulsioni individuali, alimentando una frammentazione sociale più emotiva che ideologica; dall’altro, “riduce, fino a dissolverla, l’esperienza critica”. Questo scatena una narrazione conflittuale quasi “religiosa” che, mentre inasprisce senza limiti le logiche della politica e del diritto, rafforza l’egemonia del capitale finanziario sullo spazio pubblico. Musk, dunque, non è solo un imprenditore ma il volto di un potere economico che si fa sempre più direttamente politico.
Secondo Ricci, il vero problema non sono le esternazioni di Musk o i suoi rapporti politici, ma i fini che il sistema finanziario persegue: eliminare ogni mediazione e consolidare il proprio potere sulla sfera pubblica e sullo Stato. Nonostante tutto, l’economista conclude con una visione “volutamente ottimistica”: questo momento potrebbe diventare una grande occasione per la politica per “rimettere le cose a posto, restituendo centralità alla democrazia e alla persona: tutto sta nell’accorgersene in tempo.”
Immagine: scena da "I, Robot", diretto da Alex Proyas (2004)