L'articolo di Stephen Collinson su CNN (18 marzo 2025) analizza le recenti azioni dell'amministrazione Trump che sfidano l'autorità del potere giudiziario negli Stati Uniti. Al centro del dibattito vi è l'uso dei poteri esecutivi da parte del presidente per ordinare la deportazione di presunti membri di gang venezuelane, giustificandola con l'Alien Enemies Act del XVIII secolo. Questa scelta ha sollevato timori riguardo a una crisi costituzionale, poiché l'amministrazione sembra intenzionata ad aggirare o ignorare le decisioni giudiziarie che ostacolano le sue politiche.
L'uso dell'Alien Enemies Act e la reazione dell'amministrazione
L'Alien Enemies Act, emanato nel 1798, concede al presidente il potere di deportare cittadini di paesi nemici in tempi di guerra. L'amministrazione Trump ha invocato questa legge per giustificare la deportazione di presunti membri di gang venezuelane, sostenendo che si tratta di un'azione necessaria per garantire la sicurezza nazionale. Diversi esperti legali però contestano questa interpretazione, poiché il Venezuela non è in guerra con gli Stati Uniti, mettendo in dubbio la legittimità della misura (che fu legittimamente utilizzata contro immigrati italiani tedeschi e giapponesi durante la II guerra mondiale - ndr).
Il consigliere senior della Casa Bianca, Stephen Miller, ha difeso l'azione affermando che i poteri del presidente come comandante in capo non sono soggetti a revisione giudiziaria. In un'intervista con Kasie Hunt della CNN, Miller ha dichiarato: "L'Alien Enemies Act è stato scritto esplicitamente per dare al presidente l'autorità di respingere un'invasione aliena degli Stati Uniti" e che un giudice distrettuale "non ha alcuna autorità per interferire, limitare o ostacolare" questa decisione.
Scontro tra potere esecutivo e giudiziario
La tensione tra l'amministrazione Trump e il potere giudiziario è aumentata con la richiesta di impeachment del giudice James Boasberg, che aveva emesso un'ingiunzione temporanea per bloccare le deportazioni. Trump ha descritto Boasberg come "un agitatore" e ha insinuato che la sua vittoria elettorale gli conferisca un'autorità superiore rispetto a quella di un giudice federale nel determinare la legalità delle proprie azioni.
Questa posizione ha suscitato forti critiche da parte di esperti costituzionali, poiché contrasta con il principio stabilito dal caso Marbury v. Madison del 1803, che afferma l'autorità della Corte Suprema nel riesaminare le azioni dei rami esecutivo e legislativo. Corey Brettschneider, professore alla Brown University, ha osservato: "L'intero punto di Marbury v. Madison è che si va prima al tribunale distrettuale per questioni federali e di diritto costituzionale".
Implicazioni per la separazione dei poteri
Le dichiarazioni di funzionari dell'amministrazione, come Miller e il "lo zar dei confini" Tom Homan, il quale ha affermato "Non ci fermeremo. Non mi interessa cosa pensano i giudici", indicano una crescente sfida all'autorità giudiziaria. Questo atteggiamento potrebbe minare i principi del governo costituzionale degli Stati Uniti, fondato su un equilibrio tra i tre rami: esecutivo, legislativo e giudiziario.
Il giudice Boasberg ha espresso frustrazione per l'apparente disprezzo dell'amministrazione per le sue ordinanze, riassumendo la posizione del Dipartimento di Giustizia con: "Non ci interessa, faremo quello che vogliamo". Ha dato tempo fino a martedì ai legali del Dipartimento di Giustizia per fornire dati sul timing dei voli di deportazione, che avevano precedentemente rifiutato di rilasciare.