Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

L'Europa tra guerra, difesa comune e crisi sociale: un bivio storico

L’Europa - scrive Massimo Cacciari su La Stampa - si trova ad affrontare il ritorno della guerra sul suo territorio, con il conflitto in Ucraina che rischia di degenerare in una guerra totale. La difesa comune, mai realizzata, diventa ora una necessità, ma senza una vera unione politica rischia di essere inefficace. L’aumento della spesa militare mina il welfare e i diritti sociali, mentre la guerra rafforza politiche autoritarie. Senza un'iniziativa diplomatica per la pace, il futuro dell’Europa appare segnato da instabilità e declino economico.

Il ritorno della guerra in Europa - scrive Massimo Cacciari su La Stampa - oscura la lotta per i diritti e l'uguaglianza, spingendo il continente verso una militarizzazione crescente. La Difesa comune, che avrebbe dovuto essere un pilastro fondante dell'Unione Europea, è sempre rimasta irrealizzata a causa della frammentazione tra Stati, lasciando il continente in balia delle dinamiche geopolitiche globali. La guerra in Ucraina, scoppiata dopo anni di tensioni e conflitti locali nel Donbass, rischia ora di trasformarsi in una grande guerra civile europea, minacciando la stabilità dell'intero ordine mondiale.  

Nella storia europea, le guerre fratricide sono state una costante. La Russia, benché oggi dipinta come un'entità estranea, è sempre stata parte della storia del continente, dalle guerre napoleoniche alla Seconda Guerra Mondiale. Il vero rischio attuale non è solo un conflitto armato diretto tra eserciti occidentali e russi, ma una rottura definitiva delle relazioni politiche ed economiche. Il prolungarsi della guerra in Ucraina porterà con certezza a un ulteriore indebolimento dell'economia europea, all’aumento delle spese militari e alla riduzione della spesa sociale. Le politiche neoliberiste e conservatrici, già responsabili dell'erosione dello Stato sociale, verranno rafforzate dalla guerra, aggravando le disuguaglianze e impoverendo le classi più deboli.  

La crescente militarizzazione dell’Europa solleva interrogativi fondamentali. Se il riarmo è considerato indispensabile, cosa ne sarà delle risorse destinate a scuola, sanità e welfare? Una società in guerra è inevitabilmente chiusa, controllata, dominata dalla paura e dalla ricerca di nemici interni ed esterni. L’Europa rischia di diventare sempre più autoritaria, in nome della sicurezza e della stabilità, rinunciando progressivamente ai suoi valori democratici.  

L’idea di una difesa comune emerge ora come un'esigenza strategica, ma la sua realizzazione è piena di incognite. La costruzione di un apparato militare comune senza una reale unione politica e senza un vero governo federale europeo rischia di essere inefficace. Se ogni Stato continuerà a sviluppare i propri sistemi d’arma senza un coordinamento strategico, l’Europa non avrà un esercito unificato, ma un mosaico inefficiente di forze armate nazionali. L’aumento della spesa militare, senza un progetto unitario, potrebbe rivelarsi un vantaggio esclusivo per l’industria bellica piuttosto che per la sicurezza collettiva.  

Di fronte a queste scelte cruciali, l’Europa deve decidere se imboccare la strada della guerra o rilanciare un’iniziativa politico-diplomatica per la pace. Se la guerra viene considerata inevitabile e il riarmo l’unica risposta possibile, allora bisogna essere consapevoli delle conseguenze: un futuro segnato da instabilità economica, riduzione dei diritti e crisi sociale. Se invece si vuole difendere la democrazia e il modello sociale europeo, è necessario riconoscere l’urgenza di un’azione diplomatica per il cessate il fuoco. La scelta tra guerra e pace non è solo una questione strategica, ma una decisione che definirà il futuro stesso dell’Europa.

Foto: rappresentazione mitologica. Europa sul dorso del toro. Affresco di Pompei