Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Indietro nell’800, con la politica del “fatto bruto”

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La geopolitica, come l’abbiamo pensata negli ultimi decenni, va in tilt. La telefonata tra Trump e Putin, secondo Mariano Croce, sul Domani del 13 febbraio 2025, simboleggia il ritorno alla politica del "fatto bruto": decisioni unilaterali tra leader forti, senza regole condivise. Questo approccio minaccia la stabilità globale, trasformando la diplomazia in un gioco di potere arbitrario dove la flessibilità delle regole diventa un pretesto per giustificare ogni scelta sulla base della mera convenienza. Secondo Croce però, rinunciare al multilateralismo può offrire vantaggi immediati ma espone al caos. Senza principi e norme, il rischio è un assetto internazionale governato solo dalla forza, e per questo destinato all’instabilità e al conflitto permanente.

La tesi del professor Mariano Croce, espressa in un articolo su Domani, è che la recente “chiacchierata” telefonica tra il neo Presidente degli Stati Uniti e il Presidente della Repubblica Federale Russa va interpretata simbolicamente come archetipo di una modalità di gestione delle relazioni internazionali che esclude il multilateralismo e il rispetto delle regole condivise. E' la politica del della politica del "fatto bruto".

Questo approccio, secondo Croce, ricorda le dinamiche ottocentesche, in cui le grandi potenze decidevano unilateralmente l’assetto del mondo, ignorando gli attori più deboli e privilegiando accordi tra leader forti. In questa visione, ogni conflitto è letto come uno squilibrio di potere da sfruttare, anziché come una questione da risolvere attraverso il dialogo. La diplomazia viene ridotta a una contrattazione tra chi detiene la forza necessaria per imporsi. Le decisioni non derivano più da trattati multilaterali, ma da incontri riservati tra capi di Stato che scelgono la soluzione più conveniente nel momento specifico. L'assenza di un quadro normativo stabile rende così le relazioni internazionali volatili e imprevedibili.  

Questo mina anche la stabilità politica globale. Pur se spesso strumentalizzati, ideali, principi e norme hanno svolto una funzione di equilibrio nei rapporti tra gli Stati. Il loro abbandono lascia spazio a un’arbitraria gestione del potere, dove la flessibilità delle regole diventa un pretesto per giustificare ogni scelta sulla base della mera convenienza. Questo atteggiamento si riflette non solo nei rapporti tra nazioni, ma anche nella percezione che i cittadini hanno della politica, spingendoli a emulare la spregiudicatezza dei leader.  

Con una strategia che rifiuta protocolli e procedure consolidate, Trump applica su scala globale una visione del potere che ignora il principio di stabilità. Le conquiste diplomatiche del Novecento, basate sulla costruzione di regole certe, vengono smantellate a favore di una gestione personalistica, dove i leader si riuniscono per decidere arbitrariamente le sorti del mondo. Non esistono riferimenti superiori né principi etici: ogni decisione è dettata dall’immediato vantaggio personale o nazionale.  

Secondo Mariano Croce questo approccio può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Rinunciare a regole condivise può offrire vantaggi temporanei, ma espone chiunque al rischio di subire lo stesso trattamento da parte di altri. Il rischio è quello di un sistema che si autodistrugge per eccesso di conflittualità, come già accaduto in passato con la spartizione della Polonia. La ricerca incessante di supremazia, senza limiti o principi, porta infine al collasso dell’ordine politico e alla perdita di ogni certezza nelle relazioni tra gli Stati.


Immagine: Creata con la collaborazione dell'Intelligenza artificiale