Secondo Ilan Pappé, storico e diplomatico israeliano intervistato da Anealla Safdar per Al Jazeera, stiamo assistendo a una nuova e aggressiva fase del Sionismo, definita "neo-Sionismo". Questa evoluzione rappresenta un'accelerazione rispetto al passato, con l’obiettivo di completare la conquista della Palestina storica, “sbarazzandosi di quanti più palestinesi possibile” e creando un “Impero Israeliano” che incuta timore e rispetto a livello regionale e sia capace di espandersi ulteriormente. Pappé sostiene che questo sviluppo segna "l'ultima fase del Sionismo", paragonandolo al capitolo finale di altri imperi o progetti ideologici coloniali, che culminano in un picco spietato e ambizioso seguito dal declino. Ma, avverte: "un'ultima fase da un punto di vista storico è un lungo processo" pieno di violenza.
L’America, l’Europa e l’"empia alleanza" con le destra globale
Lo storico sottolinea come il progetto neo-sionista benefici di un’ “empia alleanza” globale che comprende leader populisti, multinazionali, regimi autoritari e l’ascesa dell'estrema destra in USA e in Europa. La rielezione di Donald Trump, accompagnato da figure influenti come Elon Musk, rafforza un contesto politico globale che favorisce l’espansione israeliana e la guerra a Gaza. A fronte di ciò, l’Europa, “che si dichiara un modello di civiltà.” sta ignorando consapevolmente le sofferenze palestinesi. “Ha ignorato il genocidio più trasmesso in diretta dei tempi moderni", afferma loi storico, sottolineando come la complicità europea si manifesti sia attraverso il silenzio politico sia attraverso il sostegno economico e militare a Israele. La mancanza di una reazione decisa da parte dell’Unione Europea rafforza l’impunità israeliana e perpetua il conflitto. Intanto, la destra europea, pur avendo radici antisemite, sostiene Israele per il suo ruolo anti-islamico.
In questa situazione, un intervento diplomatico internazionale decisivo, non solo in Palestina ma per l'intero mondo arabo, è più facile che venga dal Sud del mondo. “Il Nord Globale ha lasciato un'eredità tale che ben poche persone considererebbero qualcuno del Nord Globale come un onesto mediatore.”
Un’altra alleanza è possibile
Esiste però la possibilità di costruire un’altra alleanza, sottolinea Pappè, che potrebbe contrastare il Sionismo: una composta da movimenti globali per la giustizia sociale, l'ambiente e i diritti umani.
"Non ha lo stesso potere, ma è diffusa ed è collegata a molte altre lotte contro l'ingiustizia. … questo tipo di sentimento globale non è focalizzato solo sulla Palestina, ma anche sul riscaldamento globale, la povertà, l'immigrazione e così via… [E’ possibile] che questa diventi una forza politica più potente. Ogni sua piccola vittoria … avvicina il Progetto Sionista alla fine."
Pappé individua due elementi cruciali per rafforzare questa alleanza. Da un lato, serve un’organizzazione capace di canalizzare e sostenere la solidarietà globale. Sebbene molti giovani coinvolti in movimenti globali rifiutino le strutture tradizionali, resta essenziale creare una infrastruttura organizzativa efficace. Dall’altro lato, bisogna superare un approccio ‘purista’ e accettare collaborazioni anche tra gruppi con divergenze su temi fondamentali, unendo le forze per obiettivi comuni, come fermare il genocidio a Gaza e liberare le persone colonizzate.
Un obiettivo importante sarebbe quello di coinvolgere in questa alleanza i giovani israeliani. Per quanto concerne i discendenti della diaspora, Pappé vede alcuni segnali positivi, soprattutto tra le giovani generazioni della comunità ebraica americana, che si trovano sempre più a disagio con l’associazione tra Israele e movimenti di estrema destra. Le comunità ebraiche stiano iniziando a riconoscere l'immoralità dell'azione israeliana, specialmente grazie all'accesso a informazioni critiche sul conflitto. Capiscono che Israele fa ora parte di un'alleanza politica con cui loro, in quanto ebrei americani, non possono identificarsi.
Più difficile è la situazione dei giovani che vivono in israele, su cui è invece molto cauto e preoccupato. Nonostante l'accesso ai social media e alle informazioni sul genocidio, sottolinea, molti giovani israeliani rimangono in gran parte insensibili alla sofferenza palestinese.
“Ho scritto un articolo nel 1999 in cui avvertivo che, guardando i programmi scolastici israeliani, i prossimi laureati di questo sistema sarebbero stati fanatici razzisti, estremisti e pericolosi per se stessi e per gli altri. Sfortunatamente, avevo assolutamente ragione. Questo è il prodotto di una società molto indottrinata dalla culla alla tomba. Bisogna rieducare queste persone. Non si può semplicemente mostrare loro le cose e sperare che questo le smuova.” … “Se ricevessero un'ottima educazione ebraica, potrebbero vedere l'immoralità dell'azione israeliana.”
Immagine: United Artworks