Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Fermare la violenza globale: come coniugare diritto internazionale e volontà politica

Murale di Borgiac
In dialogo con Roberta De Monticelli, Pasquale De Sena propone di rilanciare non solo il “pacifismo giuridico”, ma anche la visione politica ampia del secondo dopoguerra, quando Stati e forze poliche di ispirazioni diverse riconobbero che la pace va ‘costruita’ attraverso l’impegno comune a realizzare i valori fondamentali della Carta dell’ONU.

In un articolo su Avvenire l’internzionalista Pasquale De Sena risponde all'intervento della filosofa Roberta de Monticelli pubblicato su il Manifesto. Il punto centrale del confronto è l’attuale prevalenza del ricorso alla coercizione militare, rispetto al diritto, nelle relazioni internazionali. 

De Monticelli aveva notato – e De Sena concorda – come nell’attuale scenario internazionale il ricorso alla forza, esemplificato dall’aggressione russa in Ucraina e dalle azioni di Israele in Medio Oriente, si confronti con una sostanziale impotenza degli strumenti di controllo istituiti dalle Nazioni Unite (soprattutto il Consiglio di Sicurezza). Questa tendenza mina il divieto dell’uso della forza sancito dal diritto internazionale, la cui sopravvivenza dipende dalla prassi effettiva degli Stati.

In tale quadro, è certamente necessario richiamare, come fa De Monticelli, la tradizione del “pacifismo giuridico” di Kelsen, Bobbio e Spinelli come antidoto alla logica della violenza. Tuttavia, De Sena si domanda se questa prospettiva sia sufficiente in una situazione in cui proprio la volontà politico-costituzionale degli Stati di preservare la pace e il diritto risulta indebolita. La frammentazione politico-giuridica della comunità internazionale rende infatti difficile la formazione di un consenso che attualizzi il divieto dell’uso della forza e i relativi meccanismi di contenimento.

Per ricostruire un consenso politico che riaffermi il divieto della forza, De Sena suggerisce tre linee d’azione volte a riaffermare l’importanza dei fori multilaterali e l’esigenza della loro connessione reciproca, la necessità di prendere sul serio la diversità di prospettive delle molteplici componenti della comunità internazionale e l’esigenza di aprire tali fori, nella misura massima del possibile, a nuove forme di democratizzazione.

Si tratta, in sostanza, di recuperare in forma aggiornata non solo l’ispirazione pacifista, ma anche la visione politica ampia del secondo dopoguerra, quando Stati e forze politiche di ispirazioni diverse riconobbero che la pace va “costruita” attraverso l’impegno comune a realizzare i valori fondamentali della Carta delle Nazioni Unite. Solo riscoprendo questa consapevolezza politica, sostiene De Sena, potrà emergere un nuovo accordo  sul contenimento della forza armata, sul ruolo del Consiglio di Sicurezza e sull’efficacia della giurisdizione internazionale.

In caso contrario, permane la possibilità che un nuovo ordine politico-giuridico si formi comunque, dopo conflitti prolungati, limitando il diritto internazionale a quei segmenti di regolazione su cui esiste un accordo politico di fondo. Un simile scenario potrebbe protrarsi per decenni e non sarebbe un fatto inedito, come dimostra la “pace dei trent’anni”. Né, per quanto poco desiderabile, significherebbe la “fine” del diritto internazionale: ne metterebbe realisticamente in evidenza i limiti sul piano politico – il che potrebbe essere un passo in avanti rispetto al livello attuale del dibattito.
 

Immagine: L’arcobaleno dell'umanità. Murale di Giacomo Borraccino (Borgiac) donato alla scuola "Fraggianni" di Barletta