Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

La pace che "conviene"

colomba
Di fronte alla minaccia nucleare, la guerra non può più essere vista come la continuazione della politica con altri mezzi. Occorre superare il mantra dello scontro tra autocrazie e democrazie: il vero conflitto è tra autocrazie e oligarchie, cui si sono ridotte le nostre liberaldemocrazie. L'Occidente può recuperare una leadership solo riconoscendo la necessità di un "governo concordato" che ridefinisca equamente i rapporti di scambio globali e ristabilisca l'equilibrio tra comando politico ed economico.

Eugenio Mazzarella, nel suo articolo sull’Osservatore Romano del 16 dicembre, riflette sulla relazione tra politica e guerra, rievocando la celebre tesi di von Clausewitz: «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi». Questa visione, pubblicata nel 1833 e rimasta centrale per due secoli nel lessico dei politici “realisti”, è oggi messa in discussione dalle nuove dinamiche di conflitto. "E’ ancora possibile – si chiede Mazzarella – permettersi di pensare la guerra come continuazione della politica" in un mondo dove la distruzione nucleare totale, da strumento di deterrenza rischia di divenire arma di soluzione finale per tutti, un 'muoia Sansone con tutti i filistei'?

Si tratta di una domanda realista, non pacifista, scrive Mattarella richiamandosi all’intuizione di  Ortega y Gasset (1914): «Io sono io e la mia circostanza, e se non salvo la mia circostanza, non salvo neanche me stesso». Oggi, nel contesto della globalizzazione, la "circostanza" coincide con l'unico spazio comune condiviso da tutti, e la sopravvivenza diventa collettiva, imponendo la necessità di "sopportarci a vicenda". Questo approccio non si basa su una presunta fraternità umana, “troppo spesso smentita dal Caino che è in noi” ma su una ‘convenienza’ reciproca che eviti il rischio che "il morto tiri a fondo il vivo", come ammoniva Hegel.

L'articolo affronta quindi criticamente il ruolo dell'Occidente, suggerendo provocatoriamente:

«ma se l’Occidente una volta aveva contro il blocco comunista cui si aggregava il terzo mondo, ed oggi ha contro il triangolo autocratico Russia Cina Iran più il codicillo della Corea del Nord con aggregato il Sud del mondo che vogliono cambiare i rapporti di scambio nel mondo della globalizzazione, non è che l’Occidente ha un problema nel suo porsi nei confronti con gli altri? Non è che quei rapporti di scambio fossero ingiusti ed oggi non ci si vuol acconciare al fatto di una loro ridefinizione più equa, governata e concordata?»

Il "governo concordato", sostiene Mazzarella, potrebbe rappresentare la vera leadership occidentale. Questa sarebbe un'alternativa allo sterile mantra dello scontro tra autocrazie e democrazie, che serve solo ad evitare le proprie responsabilità e porta a un vicolo cieco. Anche perché, continua:

«il vero scontro oggi è tra autocrazie ed oligarchie, cui si sono largamente ridotte le nostre liberaldemocrazie, al netto delle ritualità elettorali sempre più eterodirette (e contestate – ndr), con in vista lo spettro delle incombenti demokrature digitali, il capitalismo della sorveglianza affidato all’Intelligenza artificiale.»

Le democrazie, afferma Mattarella, dovrebbero ritrovare un equilibrio tra comando politico ed economico, garantendo diritti economico-sociali oltre a quelli civili, sempre più vulnerabili. L’attuale squilibrio, invece, alimenta l’avversione populista verso le élites progressiste, mentre nelle autocrazie il comando politico sembra reggere meglio rispetto all’Occidente, dove è spesso subordinato a interessi tecnico-economici. La provocatoria domanda finale dell'autore, "Chi governerà davvero tra Musk e Trump?", sintetizza questa crisi di leadership.

Mazzarella chiude con una nota di amara ironia, affidandosi al «cinismo»: la paradossale

speranza che un complesso militare-industriale “imbottito di ordini di produzione di nuovi armamenti per i prossimi vent’anni”, si ritenga alfine soddisfatto e ci consenta una tregua, un ritorno alla politica, lasciandoci il tempo per ripensare a «cosa vogliamo fare di noi e del nostro mondo».
 


Immagine: Pablo Picasso, Bambino con colomba (1901). Particolare