Il rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil evidenzia una realtà drammatica di sfruttamento e irregolarità nel lavoro agricolo in Italia. ne parla Antonio Maria Mira su Avvenire del 5 dicembre 2024, rivelando che sono circa 200mila gli "schiavi invisibili", i lavoratori agricoli irregolari, pari al 30% della forza lavoro del settore, un comparto che genera 73,5 miliardi di euro ma che tollera ancora un’economia sommersa. Il fenomeno colpisce italiani, stranieri e in particolare donne, oltre 55mila, spesso vittime di doppia discriminazione.
Il caporalato si diffonde in tutte le regioni, con situazioni particolarmente gravi in Piemonte (fino a 10mila irregolari), Trentino (6mila) e Basilicata (oltre 10mila). I salari possono scendere fino a 400 euro al mese, con condizioni di sfruttamento invisibili nelle statistiche ufficiali. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), nel 2023, ha rilevato irregolarità nel 59,2% delle aziende agricole ispezionate, nonostante un incremento dei controlli (+140% rispetto al 2022). Tuttavia, il numero di ispezioni resta insufficiente.
Le retribuzioni medie dei lavoratori agricoli, poco sopra i 6mila euro annui, sono spesso sotto la soglia di povertà. Gli stranieri, anche con contratti regolari, non superano i 10mila euro lordi nel Centro-Sud. Questo scenario evidenzia il peso dello sfruttamento nel modello produttivo agricolo. Secondo Giovanni Mininni (Flai-Cgil), è urgente triplicare i controlli e riformare la normativa, partendo dall’abrogazione della legge Bossi-Fini, ritenuta una delle cause principali della precarietà. Anche Sergio Costa, vicepresidente della Camera, critica i controlli preannunciati, ritenendoli inefficaci. Il governo ha avviato un tavolo di confronto tra istituzioni e parti sociali, ma lo sfruttamento resta radicato nella cultura e nelle strutture economiche.
Le donne straniere sono le principali vittime di questo sistema. Subiscono condizioni di lavoro massacranti, disparità salariali, abusi sessuali e ricatti legati a contratti o permessi di soggiorno. Spesso lavorano più di 26 giorni al mese, ma ne vengono pagati solo 10-15. Guadagnano meno degli uomini stranieri e ancora meno delle donne italiane.
Le testimonianze raccolte nel rapporto rivelano anche episodi di sfruttamento sessuale: molte donne ricevono richieste di favori in cambio di un contratto. La maternità diventa un ricatto, costringendo molte al silenzio per paura di perdere i figli. Ritmi di lavoro insostenibili, esposizione ai pesticidi e condizioni climatiche estreme compromettono la salute fisica e psicologica delle lavoratrici, che spesso sviluppano malattie reumatiche o allergie. Una bracciante racconta: "Quando torni a casa, il corpo ti brucia. Devi solo stenderti, non puoi fare altro". Nonostante il lavoro femminile sia molto richiesto per la precisione nella lavorazione dei prodotti, le donne sono sfruttate anche per la percezione che siano più inclini alla sottomissione.
Lo sfruttamento nel lavoro agricolo è una piaga sociale che, come sottolineano gli esperti, richiede interventi urgenti e coordinati. È necessario un cambiamento sistemico che affronti le disuguaglianze di genere, combatta il caporalato e promuova condizioni di lavoro dignitose e sostenibili.