Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

La guerra in Ucraina è stata una trappola per tutti. Occorre uscire da questo incubo

L’invasione russa dell’Ucraina ha dato inizio a un conflitto che, oltre a causare distruzione e morte, ha avvelenato le relazioni tra popoli e istituzioni, diffondendo odio reciproco. La guerra ha travolto il pensiero critico e il dialogo, portando a una radicalizzazione emotiva. Di fronte all’impossibilità di una vittoria netta, è necessario un compromesso per fermare la carneficina. Come ricorda papa Francesco, è urgente interrompere il ciclo di violenza: il tempo della giustizia verrà dopo.

Tre anni fa, il mondo si è risvegliato in un incubo. Nel suo commento - Mario Giro  su il Domani - ricorda come l’invasione russa dell’Ucraina abbia rappresentato un evento sconvolgente, con immagini di civili in fuga, ponti distrutti e strade bombardate. L’Europa si è scoperta vulnerabile, mentre gli ucraini hanno resistito eroicamente, impedendo a Vladimir Putin di ottenere una rapida vittoria.

Ma in questi tre anni, il conflitto ha generato un veleno che ha avvelenato tutti. L’odio ha contagiato sia russi che ucraini, scavando un abisso tra loro. I russi, frustrati dal fallimento iniziale, nutrono rancore verso l’Occidente. Dall’altra parte, popoli come polacchi, baltici e nordici hanno intensificato il loro risentimento storico contro la Russia. Anche in Europa occidentale, i sentimenti anti-russi hanno raggiunto livelli senza precedenti, superiori perfino a quelli della Guerra Fredda. Questo odio ha corrotto i rapporti tra comunità religiose, tra ortodossi e cattolici, tra slavi e greci, tra accademici, scienziati, sportivi e intellettuali. Nulla sembra arrestare questa spirale di rancore innescata dalla decisione del Cremlino di scatenare una guerra su vasta scala nel cuore dell’Europa.  

Col passare dei mesi, il conflitto non ha solo diviso, ma ha anche soffocato il dibattito e il pensiero critico. La guerra impone una logica binaria: amico o nemico. Non c’è spazio per il dubbio, per la riflessione. Ogni tentativo di analisi viene schiacciato dalla necessità di schierarsi. 

Anche le parole di papa Francesco, che implora la fine delle ostilità, vengono liquidate con sufficienza: “Cos’altro potrebbe dire un papa?”. Ma il suo monito ha radici profonde. Durante il XX secolo, la Chiesa cattolica ha maturato una nuova consapevolezza sulla guerra, riconoscendola come un male intrinseco, specialmente nell’era nucleare. Ogni guerra è ingiusta perché alimenta un meccanismo di odio e violenza difficile da interrompere.  

La guerra, una volta avviata, sfugge al controllo di chi l’ha iniziata. Si trasforma in una forza autonoma e malvagia, travolgendo tutto e tutti. Questa logica distruttiva è evidente oggi: ogni tentativo di tregua viene respinto con ferocia, quasi come se non si volesse uscire dall’incubo. Anche la prospettiva di un compromesso viene rifiutata. Donald Trump, con le sue idee controverse, ha proposto trattative, ma gli europei e l’amministrazione Biden si sono sempre rifiutati di negoziare. L’argomento principale è che una violazione così grave del diritto internazionale non può restare impunita: è necessaria la vittoria. Tuttavia, questa vittoria si è dimostrata irraggiungibile. Il giornalista Domenico Quirico si chiede: “Ora chi spiegherà agli ucraini che sono morti per l’impossibile?”.  

Nel frattempo, il bilancio umano del conflitto si aggrava: migliaia di vite spezzate, milioni di persone costrette a lasciare la loro terra. Molti di loro non torneranno mai più. Si dice che la pace non possa essere fatta sulla pelle degli ucraini, ma allora perché la guerra è stata combattuta sulla loro pelle, pur sapendo che non si poteva vincere?  

La realtà è che questa guerra è stata una trappola per tutti. Invece di continuare ad alimentarla, bisogna disinnescarla. Alcuni sostengono che non si possa semplicemente dimenticare l’aggressione russa, che non si possa tornare alla normalità come se nulla fosse. Ma la volontà dei popoli è più forte delle decisioni dei leader. Come scrive Dario Fabbri, esiste una “geopolitica umana” che supera le strategie di potere: anche se i governi vorranno voltare pagina, gli europei non dimenticheranno ciò che è accaduto.  

Nemmeno Mosca può illudersi che tutto tornerà come prima. La Russia dovrà fare i conti con le conseguenze delle sue azioni. Tuttavia, ora è il tempo del compromesso, per quanto doloroso esso possa essere. Solo così si potrà fermare la carneficina. Papa Francesco insiste su questo punto: è urgente interrompere il ciclo di morte. La giustizia e la memoria delle sofferenze verranno dopo. Per ora, la priorità è una sola: smettere di uccidere.
 

Foto dal sito Flickr del Presidente  dell'Ucraina, Volodymyr Zelens'kyj