Dopo tre anni di conflitto devastante, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - scrive Domenico Quirico su La Stampa, compie un significativo cambio di rotta nella strategia diplomatica del suo paese. L’elemento chiave di questa svolta è la rinuncia all’idea di una “pace giusta”, concetto che implicava la totale sconfitta della Russia e la restituzione dei territori occupati fino ai confini del 2014. Questo obiettivo, sostenuto retoricamente dagli alleati euro-atlantici, si è rivelato irraggiungibile nella realtà. Ora, la nuova formula promossa da Zelensky parla di una “pace duratura”, che si basa su tregue graduali e sulla coesistenza con la Russia.
La scelta del leader ucraino non nasce dal nulla, ma dalla constatazione di diversi fattori. Innanzitutto, si è reso conto dell’incapacità dell’Europa di fornire un supporto militare adeguato nel breve termine. Nonostante le dichiarazioni di intenti, le promesse di riarmo europeo richiedono anni per concretizzarsi, mentre l’Ucraina ha bisogno di munizioni immediatamente. Il recente incontro di Lancaster House ha mostrato come l’Occidente sia prodigo di solidarietà formale ma povero di risorse concrete. Zelensky ha osservato con lucidità il vuoto di potere che circonda l’Europa, paragonando i suoi leader a figure destinate all’estinzione, incapaci di incidere sulla realtà.
L’altro elemento determinante è stato il cambiamento della politica statunitense. Donald Trump, con il suo approccio brutale alla geopolitica, ha ridefinito le priorità di Washington, portando l’attenzione sulla Cina piuttosto che sulla Russia. La sospensione degli aiuti militari americani ha fatto capire a Kiev che la dipendenza dall’alleanza euro-atlantica era un’illusione. Senza il sostegno degli Stati Uniti, l’Ucraina non può mantenere la resistenza a lungo. L’idea che l’Europa potesse colmare il vuoto lasciato da Washington si è rivelata una chimera.
Di fronte a questa realtà, Zelensky ha adottato una strategia più pragmatica. Ha eliminato dalla sua retorica l’aggettivo “giusta” riferito alla pace, consapevole che la vittoria totale sulla Russia è irrealistica. Al suo posto, ha parlato di una “pace duratura”, concetto che apre la porta a negoziati più flessibili e a tregue progressive. Questo approccio si basa su un metodo storico: la stabilizzazione del conflitto attraverso cessate il fuoco progressivi, partendo dalla situazione attuale sul campo.
Il cambiamento di posizione di Zelensky riflette anche una presa di coscienza più ampia: l’Occidente non è disposto a impegnarsi fino in fondo per l’Ucraina. L’entusiasmo iniziale si è affievolito e il sostegno concreto si è rivelato insufficiente. I leader europei, pur continuando a esprimere solidarietà, sembrano più preoccupati della propria sicurezza interna e della crescita delle tensioni globali. Le promesse di inviare truppe europee per garantire una tregua di un mese sono apparse poco credibili, poiché nessuno ha spiegato perché Putin dovrebbe accettare una soluzione che implicherebbe implicitamente la sconfitta russa.
In questo scenario, l’Ucraina si trova davanti a un bivio: continuare una guerra insostenibile o cercare un compromesso che le permetta di sopravvivere come Stato sovrano. La nuova linea diplomatica di Zelensky è dunque una mossa necessaria, dettata dalla realtà dei fatti. La guerra non può concludersi con un trionfo militare, ma con una regola di coesistenza che garantisca la sopravvivenza dell’Ucraina e la stabilità della regione.
Questo cambio di rotta si inserisce anche in un quadro geopolitico più ampio. Mentre l’attenzione occidentale si sposta sulla Cina, considerata una minaccia più grande di Putin, l’Ucraina rischia di diventare un problema secondario. Zelensky sembra aver compreso che il suo paese deve trovare un equilibrio tra le grandi potenze, piuttosto che contare su un appoggio incondizionato dell’Occidente.
Foto: Vladimir Zelensky - Ukraine Presidency via ZUMA Press