Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Il coraggio di disertare e il mito della guerra

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L’articolo riflette sulla contrapposizione tra la cieca obbedienza militare e il coraggio della diserzione. Prendendo spunto da Tolstoj e da monumenti ai disertori in Germania, Tomaso Montanari sul Fatto Quotidiano evidenzia come il rifiuto della guerra sia un atto di eroismo poco celebrato. Il dibattito attuale in Italia sembra invece esaltare la guerra, come dimostrano le posizioni di Scurati, Fubini e Galli della Loggia. Tuttavia, la tradizione occidentale contiene anche una forte voce contro la guerra, da Omero a don Milani, indicando la disobbedienza come valore fondante per il futuro. La vera eredità occidentale, quella che potrebbe garantire un futuro, non sta nella celebrazione della guerra, ma nel coraggio di rifiutarla.

Tomaso Montanari sul Fatto Quotidiano analizza la tensione tra l’obbedienza cieca dei soldati e il coraggio di chi rifiuta di combattere. Partendo da una citazione di Federico II di Prussia, Tolstoj sottolinea come i soldati spesso avvertano l’ingiustizia della guerra ma non trovino la forza di disertare. In Germania, a differenza di altri paesi, esistono numerosi monumenti dedicati ai disertori, come quello di Colonia che rende omaggio a chi ha rifiutato di partecipare alla violenza. Particolarmente significativo è il monumento di Potsdam dell’artista Mehmet Aksoy: una scultura che rappresenta il vuoto lasciato dal corpo di un disertore, simbolo della sua sottrazione alla macchina bellica.  

La memoria dei disertori è scomoda, poiché richiama la responsabilità della maggioranza che ha scelto di obbedire. Questa idea trova eco nelle parole di Bertolt Brecht, che condannava la passiva accettazione della guerra come momento in cui la sconfitta diventa inevitabile. Tuttavia, nel dibattito italiano recente, si assiste a una tendenza opposta: Antonio Scurati ha elogiato la figura del guerriero risoluto, mentre altri intellettuali, come Federico Fubini ed Ernesto Galli della Loggia, hanno lamentato la perdita dell’attitudine occidentale alla guerra, vedendola come una rinuncia al proprio ruolo nella storia.  

L’articolo evidenzia come questa narrazione guerresca dimentichi un altro filone della tradizione occidentale, da Omero fino al cristianesimo, che ha messo in discussione l’eroismo della guerra. Un esempio è l’Inno a Marte di epoca ellenistica, in cui un guerriero invoca il coraggio di non combattere, preferendo la pace alla violenza. Anche pensatori moderni come Hannah Arendt e don Milani hanno ribadito il valore della disobbedienza, opponendosi all’idea che l’obbedienza cieca sia una virtù.  

L’autore conclude che la vera eredità occidentale, quella che potrebbe garantire un futuro, non sta nella celebrazione della guerra, ma nel coraggio di rifiutarla. 


Immagine: monumento di Potsdam dell’artista Mehmet Aksoy. By Botaurus - Own work, Public Domain