Antimaka s.f.: nome immaginario composto da anti (contro) e mache (battaglia). Evoca una figura mitologica che ripudia la guerra, lottando per la pace e la giustizia.

Trump tra ambizioni territoriali e realtà geopolitica

Secondo V. Bergengruen e A. Ward sul Wall Street Journal, nel suo secondo mandato, Donald Trump ha abbracciato un’ideologia espansionista ispirata a James K. Polk, il presidente che nell’Ottocento quasi raddoppiò il territorio degli Stati Uniti. Ha proposto l’annessione del Canada, il controllo del Canale di Panama e l’acquisto della Groenlandia, minacciando dazi e pressioni economiche per raggiungere i suoi obiettivi. Sebbene le sue idee abbiano incontrato forti resistenze internazionali, Trump le considera una parte essenziale della sua eredità politica. La sua visione, tuttavia, si scontra con una realtà geopolitica in cui le espansioni territoriali non avvengono più con la facilità dell’epoca di Polk.

Donald Trump, nel suo secondo mandato, - scrivono V. Bergengruen e A. Ward sul Wall Street Journal -  ha abbracciato una visione espansionista degli Stati Uniti, ispirandosi apertamente a James K. Polk, l’undicesimo presidente americano che, nel XIX secolo, quasi raddoppiò il territorio degli Stati Uniti attraverso guerre e annessioni. Il suo ritratto, scambiato con quello di Thomas Jefferson in un accordo con lo Speaker della Camera Mike Johnson, ora campeggia nell’Ufficio Ovale, segno tangibile dell’ammirazione di Trump per una politica aggressiva di espansione territoriale.

Trump ha più volte evocato l’idea di annettere il Canada come 51° stato, riprendere il controllo del Canale di Panama per contrastare l’influenza cinese e persino occupare la Striscia di Gaza per porre fine alla guerra in Medio Oriente. Inoltre, il presidente ha riacceso il dibattito sull’acquisizione della Groenlandia dalla Danimarca, nonostante la ferma opposizione del governo danese e della popolazione locale. Seppur accolte inizialmente come boutade, queste dichiarazioni si sono trasformate in vere e proprie direttrici politiche, con alcuni repubblicani che hanno persino proposto leggi per facilitare l’acquisto della Groenlandia e ridefinire il suo status.

La retorica trumpiana è intrisa di richiami al “destino manifesto”, il concetto ottocentesco che giustificava l’espansione americana come una missione storica. Come Polk, Trump mira a ridefinire la mappa del potere statunitense, e non esita a minacciare pressioni economiche e militari per raggiungere i suoi obiettivi. 

Ha già usato i dazi come leva contro il Canada e la Danimarca, mentre Panama, per placarlo, ha concesso il controllo di importanti infrastrutture portuali a compagnie americane, sottraendole all’influenza cinese.
Nonostante le critiche interne, Trump mantiene il sostegno della base “America First”, che vede nelle sue proposte una riaffermazione dell’egemonia statunitense. La sua campagna di merchandising include magliette con slogan come “Make Greenland Great Again”, mentre ai suoi eventi inaugurali circolavano riferimenti ironici all’annessione del Canada. 

Tuttavia, anche alcuni repubblicani hanno espresso scetticismo: il senatore Lindsey Graham, ad esempio, ha sottolineato che il Canada, se diventasse uno stato americano, eleggerebbe probabilmente senatori democratici.

L’approccio di Trump differisce radicalmente dalla personalità di Polk, descritto dagli storici come un uomo cupo e metodico, privo degli eccessi teatrali e dell’imprevedibilità che caratterizzano l’ex presidente. Tuttavia, entrambi condividono un’ambizione espansionistica che, nel caso di Trump, si scontra con una realtà geopolitica ben diversa da quella dell’Ottocento. Se Polk riuscì a negoziare l’espansione americana senza scatenare guerre con potenze europee, le proposte di Trump rischiano di deteriorare i rapporti con alleati strategici e di compromettere la stabilità internazionale.

A dispetto delle reazioni negative di governi stranieri, Trump non mostra segni di arretramento. Anzi, il suo staff conferma che considera l’espansione territoriale una parte essenziale della sua eredità politica e che non esclude opzioni militari per la Groenlandia. “Un modo o l’altro, la prenderemo”, ha dichiarato davanti al Congresso. Se il richiamo a Polk rappresenta una legittimazione storica per questa visione, resta da vedere se Trump riuscirà a tradurla in realtà o se si scontrerà con i limiti di un mondo in cui le frontiere non si ridisegnano più con la stessa facilità del XIX secolo.