L’editoriale di Maurizio Ferrera su Il Corriere della Sera del 9 febbraio analizza il primo impatto delle politiche di Donald Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca. Nel suo discorso d’insediamento, il presidente aveva promesso di provocare “shock and awe” (scossoni e panico), e finora ha mantenuto la parola con una serie di provvedimenti radicali che stanno mettendo a dura prova il sistema di pesi e contrappesi della democrazia americana.
Ferrera sottolinea che, sebbene ogni presidente eletto abbia il diritto di realizzare il proprio programma, nelle democrazie liberali il decisionismo deve rispettare dei limiti. L’impressione di molti è che Trump stia cercando di oltrepassarli, mettendo nel mirino alcuni pilastri dello stato di diritto.
Uno dei primi provvedimenti più controversi riguarda la cittadinanza: l’abolizione dello ius soli rischia di privare retroattivamente della nazionalità migliaia di minori, in violazione del Quattordicesimo Emendamento della Costituzione. Altre decisioni, come l’eliminazione di ogni iniziativa pubblica a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione, rappresentano un netto passo indietro rispetto ai progressi sociali ottenuti dagli anni Sessanta in poi.
Sul fronte dell’immigrazione, Trump ha varato misure che potrebbero portare alla deportazione forzata di milioni di immigrati irregolari, con molti di loro destinati alla detenzione nella base di Guantanamo, tristemente nota per le violazioni dei diritti fondamentali. La sua visione rigidamente binaria dell’identità di genere ha portato al trasferimento delle detenute transgender nelle carceri maschili, esponendole a gravi rischi di violenza.
Anche la gestione amministrativa sta subendo trasformazioni profonde: il nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), affidato a Elon Musk, ha forzato l’accesso a banche dati federali, sollevando preoccupazioni sulla violazione della privacy. Molti uffici pubblici sono stati aboliti e alcune figure di controllo, come gli ispettori generali, sono state licenziate con procedure dubbie.
Ferrera evidenzia come Trump stia cercando di estendere il potere dell’autorità esecutiva a scapito di quello legislativo e giudiziario, utilizzando in modo aggressivo gli ordini esecutivi. Sebbene tutti i presidenti si avvalgano di questo strumento per attuare il loro programma, essi sono tenuti a rispettare la Costituzione e le leggi vigenti. L’abuso di questa pratica potrebbe minare uno dei cardini della democrazia americana: l’equilibrio tra i poteri.
Trump ha spesso espresso ammirazione per Viktor Orbán, mentre Elon Musk strizza l’occhio alla destra europea più radicale. Questo scenario solleva interrogativi sulla possibilità di una progressiva deriva illiberale negli Stati Uniti, simile a quanto accaduto in Ungheria, Polonia e Slovacchia.
Tuttavia, Ferrera sottolinea che lo stato di diritto non è inerme di fronte a questi attacchi. Il sistema giudiziario e le amministrazioni locali stanno già reagendo: ventidue Stati e diverse città hanno intentato cause legali contro la Casa Bianca, ottenendo la sospensione del provvedimento sulla cittadinanza. Alcuni procuratori statali hanno avviato azioni legali contro il DOGE per tentativi di accesso illecito a dati sensibili. Anche in seno al Congresso cresce il malcontento, e alcuni parlamentari repubblicani stanno prendendo le distanze da Trump, al punto da firmare con i democratici una lettera di protesta contro il licenziamento degli ispettori generali.
Il vero banco di prova sarà la Corte Suprema, alla quale la Costituzione americana affida il compito di arbitrare i conflitti tra poteri e le controversie sui diritti fondamentali. Con una maggioranza conservatrice di sei giudici su nove, una sentenza favorevole a Trump su una questione simbolica potrebbe spalancargli le porte per un’espansione ulteriore del potere presidenziale.
Ferrera conclude con un monito: lo stato di diritto è il fondamento della democrazia liberale, ma oggi non è adeguatamente compreso e apprezzato dall’opinione pubblica, né in America né in Europa. Questa mancanza di consapevolezza lo rende vulnerabile agli attacchi populisti. L’esperienza di Paesi come l’Ungheria dimostra che non servono colpi di Stato per smantellare la democrazia: si può procedere per gradi, con la strategia delle "mille ferite", eliminando progressivamente le garanzie liberali fino a privare i cittadini delle protezioni essenziali contro gli abusi di potere.
Immagine: Illustrazione ottocentesca di Jörmungandr, noto anche come il Leviatano o il Serpente di Midgard: un essere gigantesco della mitologia norvegese. Fglio di Loki, il dio dell’inganno, è destinato a essere uno dei principali artefici della fine del mondo.